di Stefania Piazzo – La brutta storia del redditometro, che come un metro flessibile avvolgibile va e viene nella storia della politica, è la plastica immagine della politica che non riesce a trovare né coerenza né visione nel tempo.
Che questo sia il Paese dove fottere il fisco sia uno sport molto praticato, in cui appena hai un aumento di stipendio arriva l’Irpef che col suo scaglione nuovo di reddito ti fa guadagnare meno, è un dato di fatto.
Ed è un dato di fatto che questo fisco nasce per andare a pescare dove sa che a strascico porti su sempre qualcosa. Non lo vedremo mai nelle campagne dove ci sono gli stagionali extracomunitari, o lungo le strade, la notte, dove passano i furgoni a caricare la manovalanza. Lì, il redditometro ha finito il metro.
Il fisco non ti è amico, basta vedere la tassazione in busta paga, che serve per sfamare la voracità di una tassazione che tiene in piedi chi non paga. Sta già tutto scritto. Lo scriviamo e lo continuiamo a scrivere. Se come abbiamo anche riportato per l’ennesima volta anche ieri, ricordando il rapporto del Centro studi di Itinerari previdenziali, è noto all’agenzia delle entrate che…
“Le dichiarazioni rese dagli italiani nel 2022 restituiscono la fotografia di un Paese in difficoltà, nel quale la gran parte dell’IRPEF (il 62,52%) è a carico dei pochi con redditi sopra i 35mila euro (il 13,94%). Eppure, basterebbe guardare a consumi e stili di vita per capire che i conti non tornano davvero…“.
Nelle dichiarazioni i tassatori hanno già nome e cognome di chi dichiara 100, 10 o zero. Basta andare a vedere da chi dichiara da 0 a 10 e il redditometro lo si lascia nel cassetto. Troppa fatica?
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