L’unica Italia che cresce è quella che ha scelto l’estero per vivere. Lo ripete da tempo la Fondazione Migrantes e lo ribadisce oggi presentando il nuovo Rapporto Italiani nel mondo , che da 19 anni fotografa la comunità dei connazionali all’estero, raccontandone i sogni, le speranze e – soprattutto – i cambiamenti. Una collettività che continua a crescere, come testimoniano i numeri: oggi sono 6,1 milioni i cittadini italiani residenti all’estero. Dal 2006 al 2024 la popolazione AIRE è quasi raddoppiata (97,5%) passando da 3,1 a oltre 6,1 milioni. Le donne, nello stesso arco di tempo, sono più che raddoppiate, passando da oltre 1,4 milioni alle attuali 2.961.160 (+106,3%). “Osate il dato nell’anno ci racconta poco ma ci racconta molto considerare la crescita negli ultimi 19 anni, che è stata di oltre il 97% e le donne in questa crescita hanno superato il 106%. Questo – sottolinea Delfina Licata, curatrice del Rapporto – significa che bisogna prestare attenzione ai diversi profili che partono”. Da gennaio a dicembre 2023 si sono iscritti all’AIRE, per la sola motivazione “espatrio”, 89.462 Italiani , il 54,8% dei quali maschi, il 66,9% celibi/nubili, il 26,9% coniugati/ea cui aggiungere lo 0,3% di unioni civili. È in atto un ulteriore cambiamento: i trasferimenti ufficiali all’estero, dopo la parentesi dell’emergenza sanitaria, sono ripresi. Non si è ancora arrivati ai livelli del prepandemia, con oltre 130 mila partenze per espatrio in un anno, ma da gennaio a dicembre del 2023 rispetto allo stesso arco di tempo dell’anno prima, si registra una variazione positiva del 9,1% che , in valore assoluto, è pari a 7.500 partenze.
Secondo Licata si tratta di una “complessità che va raccontata e capita per mettere a punto le strategie di azione per fare in modo che la partenza non sia malata, cioè unidirezionale, ma sia ‘guarita’ dall’attenzione del ritorno. Lo Stato deve riattrarre a sé le persone che sono partite”. Il 45,5% del totale iscritti all’AIRE per solo espatrio da gennaio a dicembre 2023 ha tra i 18 ei 34 anni e un 23,3% appartiene, invece, alla classe di età immediatamente successiva (35-49 anni). La componente dei giovani e dei giovani adulti, quindi, nell’insieme (68,8%) è sicuramente interprete indiscussa dell’attuale esperienza migratoria italiana accompagnata dal 14,7% di minori (oltre 13 mila) e dal 5,5% di over 65 anni (5 mila circa). Il restante 11,1% ha tra i 50 ei 64 anni. Si tratta, cioè, di quasi 10 mila adulti maturi, qualificati o no, con titoli di studio eterogenei, respinti dal sistema occupazionale italiano e che si ritrovano a dover “giocare la carta dell’estero”, o genitori di figli in mobilità che tentano e riescono – trovando una idonea occupazione ex novo o una modalità di lavoro alternativa attraverso forme di spostamento in sedi dislocate ad esempio – un trasferimento per ricongiungimento familiare al contrario di quello solitamente concepito. In questo caso è, infatti, la famiglia di origine che si sposta nel luogo estero ricongiungendosi ai figli, e agli eventuali nipoti, precedentemente trasferito. L’Europa ha accolto il 71,4% di chi si è spostato all’estero da gennaio a dicembre 2023 (quasi 64 mila connazionali). Gli italiani sono partiti da tutte le province d’Italia e sono andati in 187 paesi del mondo , che rappresentano tutti i continenti.
– A partire “non sono solo giovani, non parliamo solo di fuga di cervelli- spiega Lugi Maria Vignali, direttore generale degli Italiani all’estero della Farnesina – ma ‘energia in movimento’: Italiani che decidono di impegnare le loro prospettive all’estero, Italiani di tutte le età C’è ad esempio, un numero consistente di pensionati che si trasferiscono all’estero Questo pone la condizione di riflettere sull’estero. origine del fenomeno: perché si parte e quali sono le politiche che possono essere messe in atto in Italia per prevenire le partenze. Al tempo stesso, come direzione generale degli Italiani all’estero, dobbiamo interrogarci sui servizi da dare a questi Italiani , sulle risposte da dare quando sono all’estero e su come tenerli ‘agganciati’ al nostro Paese, soprattutto i più giovani. Perché – continua Vignali – vorremmo che i giovani una volta arricchiti di competenze culturali, linguistiche, emozionali maturate all’estero arriverebbero per ri-investire queste competenze in Italia in un’ottica di migrazione circolare. Guardiamo anche agli italo discendenti che magari non hanno mai conosciuto l’Italia ei luoghi d’origine dei loro antenati: anche per loro abbiamo un grande progetto, quello del Turismo delle Radici: nel 2024, anno delle radici italiane nel mondo , stiamo incentivando questi italo discendenti a venire a scoprire i borghi d’origine dei loro antenati” conclude Vignali.
La Fondazione Migrantes ha dedicato lo Speciale del Rapporto Italiani nel mondo 2024 al tema della cittadinanza. Attraverso 24 saggi che abbracciano i cinque Continenti, gli autori e le autrici hanno raccontato il significato di essere o non essere cittadini italiani , di perdere la cittadinanza italiana, di acquisire o meno la cittadinanza del paese estero in cui si risiede, e magari dove si è nati e dove risiede la propria famiglia da più generazioni. In particolare, sono stati presi in considerazione 25 paesi: Albania, Argentina, Australia, Austria, Bangladesh, Belgio, Brasile, Canada, Cina, Etiopia, Francia, Germania, Libia, Marocco, Norvegia, Portogallo, Regno Unito, Senegal, Spagna, Stati Uniti, Sudafrica, Svizzera, Tunisia, Uruguay e Venezuela. Il passato emigratorio, il presente migrante e il futuro dell’Italia e degli Italiani e delle italiane in mobilità sono stati analizzati da diverse prospettive – tra cui sociologica, storica, linguistica, statistica – sotto la lente della cittadinanza, con l’obiettivo di fornire una panoramica quanto più globale, stratificata e multidisciplinare possibile. Sul tema “è necessario un dibattito scevro da posizioni ideologiche che rispetti la storia e il presente di un Paese, l’Italia, caratterizzato da migrazioni plurime e molteplici partenze, arrivi, ritorni e ripartenze”, è la raccomandazione della Fondazione Migrantes.