E’ emergenza sanità in Italia: c’è grave crisi del personale, una frattura evidente fra nord-sud, è boom della spesa delle famiglie (+10,3%), ben 4,5 milioni di persone stanno rinunciando alle cure, e c’è il crollo della spesa per la prevenzione (-18,6%).
I dati emergono dal 7 Rapporto sul Servizio Sanitario Nazionale (SSN) della Fondazione Gimbe. Nella spesa sanitaria pubblica, osserva la Fondazione, il gap è di 52,4 miliardi di euro con la media dei paesi Ue, ma la percentuale di pil scende al 6,2% dal 2026. “Dati, narrative e sondaggi di popolazione – esordisce Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – dimostrano che oggi la vera emergenza del Paese è il Servizio Sanitario Nazionale”.
Un divario della spesa sanitaria pubblica pro capite di 889 rispetto alla media dei paesi Ocse membri dell’Unione Europea, con un gap complessivo che sfiora i 52,4 miliardi; la crisi motivazionale del personale che abbandona il Ssn; il boom della spesa a carico delle famiglie (+10,3%); quasi 4,5 milioni di persone che nel 2023 hanno rinunciato alle cure, di cui 2,5 milioni per motivi economici; le inaccettabili diseguaglianze regionali e territoriali; la migrazione sanitaria e i disagi quotidiani sui tempi di attesa e sui pronto soccorso affollati. Tutto questo dimostra, continua Cartabellotta, “che la tenuta del SSN è prossima al punto di non ritorno, che i principi fondanti di universalismo, equita’ e uguaglianza sono stati ormai traditi e che si sta lentamente sgretolando il diritto costituzionale alla tutela della salute, in particolare per le fasce socio-economiche più deboli, gli anziani e i fragili, chi vive nel Mezzogiorno e nelle aree interne e disagiate”.
“La grave crisi di sostenibilita’ del SSN – afferma Cartabellotta – è frutto anzitutto del definanziamento attuato negli ultimi 15 anni da tutti i Governi, che hanno sempre visto nella spesa sanitaria un costo da tagliare ripetutamente e non una priorità su cui investire in maniera costante: hanno scelto di ridurre il perimetro della tutela pubblica per aumentare i sussidi individuali, con l’obiettivo di mantenere il consenso elettorale, ignorando deliberatamente che qualche decina di euro in più in busta paga non compensano certo le centinaia di euro da sborsare per un accertamento diagnostico o una visita specialistica”.
Il Fabbisogno Sanitario Nazionale (FSN) dal 2010 al 2024 è aumentato complessivamente di 28,4 miliardi, in media 2 miliardi per anno, ma con trend molto diversi. Nel periodo pre-pandemico (2010-2019) alla sanità pubblica sono stati sottratti oltre 37 miliardi tra “tagli” per il risanamento della finanza pubblica e minori risorse assegnate rispetto ai livelli programmati. Negli anni 2020-2022 il FSN è aumentato di ben 11,6 miliardi, una cifra tuttavia interamente assorbita dai costi della pandemia COVID-19, che non ha permesso un rafforzamento strutturale del SSN né consentito alle Regioni di mantenere in ordine i bilanci. Per gli anni 2023-2024 il FSN è aumentato di 8.653 milioni: tuttavia, nel 2023 1.400 milioni sono stati assorbiti dalla copertura dei maggiori costi energetici e dal 2024 oltre 2.400 milioni sono destinati ai doverosi rinnovi contrattuali del personale. Le previsioni per il prossimo futuro non lasciano intravedere alcun rilancio del finanziamento pubblico per la sanità: infatti, secondo il Piano Strutturale di Bilancio deliberato lo scorso 27 settembre in Consiglio dei Ministri, il rapporto spesa sanitaria/PIL si riduce dal 6,3% nel 2024-2025 al 6,2% nel 2026-2027. A fronte di una crescita media annua del PIL nominale del 2,8%, nel triennio 2025-2027 il Piano Strutturale di Bilancio stima una crescita media della spesa sanitaria del 2,3% annuo.