di Luigi Basso – Dal 2015 ad oggi il centrodestra ha amministrato la Regione Liguria in modo oggettivamente disastroso, al punto che si può tranquillamente dire che sarebbe stato impossibile fare peggio.
L’elenco dei fallimenti di questa triste stagione è talmente lungo da non lasciare spazio a giustificazioni o attenuanti: trasporti pubblici, servizio idrico, tutela del territorio, dissesto idrogeologico, sanità, infrastrutture, tutela della costa e dei parchi, sono solo i principali titoli dei peggiori film trasmessi in Liguria in quest’ultimo decennio.
Come scusante il centrodestra si è riparato dietro alla storia della pessima eredità lasciata dal centrosinistra: una banalità (dato che fu proprio per questo motivo che i liguri passarono armi e bagagli alla corte di Toti e Bucci) che però dopo dieci anni si è tramutata in una puerile insulsaggine, visto che dal 2015 ad oggi la Corazzata del Buon Governo Ligure, così si autoincensava la falange totiana ad ogni piè sospinto, avrebbe almeno potuto raddrizzare qualcosa invece di accelerare il declino.
Dopo il fallimento amministrativo il centrodestra ha voluto strafare: pensando evidentemente di non aver ancora toccato il fondo, i nostri prodi hanno voluto terminare la legislatura in grande stile, in un vortice di cronaca imbarazzante.
Questa volta sembrava che neanche gli elettori di centrodestra, notoriamente di bocca buona e abituati a subire di tutto da parte dei propri eletti, avrebbero potuto votare chi aveva eretto un simile monumento all’inettitudine.
La vittoria sembrava inaspettatamente a portata del centrosinistra che, sebbene reduce da un’opposizione non proprio irresistibile, appariva in grado, se non di amministrare, almeno di ridare un po’ di contegno e decoro alla politica ligure.
Bene, a questo punto, si direbbe, discorso chiuso? Partita finita?
Niente affatto, a questo punto il centrosinistra ha voluto non essere da meno rispetto agli avversari ed ha sfoderato la specialità della casa, ovvero perdere una competizione che era impossibile non stravincere.
Roba da Guinness dei Primati, sia chiaro, impresa da cervelli fini.
Quando ad agosto il candidato Orlando si è scapicollato in giro per la regione ad incontrare sindaci e a mangiare funghi e frittelle alle sagre estive, il centrosinistra ha pensato bene di mettergli i bastoni fra le ruote, iniziando pubblicamente a interrogarsi sulla bontà della scelta: l’ex ministro spezzino è rimasto per settimane a bagnomaria in mezzo al guado.
Il malcapitato, invece di subodorare il tranello e mandare tutti a quel paese, ha iniziato a predicare unità ed è giunto persino, al culmine dell’autocommiserazione, a paragonarsi ad uno yogurt in scadenza…..
Dopo un lungo tira e molla gli alleati più estremisti hanno in limine sciolto le riserve postume sul candidato, facendo pure cadere dall’alto il loro nulla osta, ma subito dopo hanno iniziato a impallinare uno dopo l’altro tutti i potenziali alleati più moderati, allontanandoli dalla coalizione con scuse assurde, trasformando il Campo Largo in un Campo Rosso.
Anche in questo frangente il povero Orlando, invece di imporsi allargando la coalizione, ha subìto i diktat della parte più estrema del centrosinistra, senza rendersi conto che a costoro non interessa vincere, ma avere l’egemonia dell’opposizione.
Subito dopo la presentazione delle liste nei tribunali, è toccato a Conte salire su un caccia e mitragliare a tappeto il campo Rosso di Orlando, mettendo fine agli accordi con il PD: chissà con quanto entusiasmo e con quanta energia i grillini orfani di Grillo faranno la campagna elettorale per un big del PD, mentre il candidato Morra fa la sirena seducendoli con il richiamo ai valori originari del grillismo perduti per strada da Giuseppi.
Il povero Orlando non si era ancora ripreso dalle mazzate pentastellate che ecco arrivare il bombardiere Sansa in picchiata sul tema della Grandi Opere, e segnatamente sull’ospedale Galliera, pronto a smentire la posizione del suo stesso candidato.
Manco il tempo di prendere il fiato ed ecco che martedì otto ottobre il quotidiano della borghesia genovese (o per lo meno di ciò che è rimasto della classe dirigente ligure) spara una bordata da ko: in prima pagina campeggia il titolone che sottolinea come il tema delle Grandi Opere sia assente dalle 57 pagine del programma del centrosinistra.
Il centrodestra, fino a poche settimane fa tramortito ed esanime, di fronte a tali e tanti errori è rimasto immobile ed in silenzio, rapito dalla mirabile efficienza con la quale il centrosinistra ha distrutto ogni speranza di vittoria ed ha giustamente ripreso baldanza e coraggio: con simili avversari, pure l’Armata Brancaleone avrebbe vita facile.
Ora in tutti i sondaggi Bucci è dato in lieve vantaggio su Orlando, ma la tendenza è sicuramente dalla sua parte: infatti un mese fa il sindaco di Genova partiva con uno svantaggio molto consistente, anche di 5 o 7 punti.
Ora resta da chiedersi, ma che è successo in Liguria?
Né più e né meno ciò che succede in Italia: i comportamenti dei vari protagonisti non rispondono più ad alcuna logica politica, da una parte parte e dall’altra, ed il caos è ormai completo.
La classe politica italiana è ridotta a un puzzle di cricche e camarille dedite solo a preoccuparsi del proprio “particulare” : questo ceto politico è tipico delle colonie dei Paesi arretrati e infatti riesce solo ad obbedire ciecamente e supinamente agli ordini che arrivano da oltre Oceano, ma ogni volta che deve prendere una qualche decisione si incarta, travolto da una crisi economica e finanziaria che non riesce nemmeno a decifrare.
Insomma, la lezione “ligurese” è chiara: il disordine regna sovrano e nel caos si muovono solo i piccoli gruppi di interesse, gli unici ad avere un obiettivo: racimolare le poche palanche rimaste.