Inps nega il durc per un centesimo non versato. Impresa a rischio chiusura

25 Giugno 2021
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 L’Inps nega il durc per un centesimo non versato e fa piombare un’impresa nel dramma: a rischio posti di lavoro e sopravvivenza stessa dell’azienda, provata dal covid, e impossibilitata ora, con il durc negativo, a partecipare a gare, bandi e appalti. Ma non solo: non potrà accedere ad altre misure agevolative quali formazione 4.0 e fondi nuove competenze e non può regolarizzare la posizione: il sistema non accetta pagamenti inferiori a 1,03 euro e la cifra di 1 centesimo non collima con quanto dovuto

. A denunciarlo è il commercialista calabrese Natalino Algieri, che per ragioni di privacy non rivela il nome dell’impresa, ma invita il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, a intervenire al più presto viste le difficoltà ”di un documento -dice all’Adnkronos- che non fornisce spiegazioni sull’irregolarità commessa, non spiega come sanare e dove non ci sono firme o nomi del funzionario che l’ha redatto, impedendo così di fatto all’impresa di regolarizzare al più presto la sua posizione”. Per il commercialista la riforma della pubblica amministrazione deve partire anche da queste cose: ”si fanno grandi piani, si annunciano imminenti interventi di semplificazione, ma poi sfugge che il sistema mette in ginocchio le imprese con le cose più banali. Parliamo di un centesimo e questo centesimo che non si può pagare impedisce a un’impresa di pianificare investimenti, assicurare la stabilità dei posti di lavoro, e il futuro stesso dell’impresa. Il problema è che qui non c’e’ nessun responsabile, nessuno è in grado di dirti chi, come e perchè quel centesimo sia dovuto. Va bene, paghiamolo lo stesso, ma si dica almeno come e il motivo perchè altrimenti è impossibile”. Il commercialista si chiede se ”il presidente dell’Inps è al corrente di governare una macchina di questo tipo; se l’Inps emette un durc negativo anche per un solo centesimo, dovrebbe sapere che lo Stato a questo punto mette ai margini l’impresa che neanche può accedere ai finanziamenti dalle banche. Certo c’e’ la strada del ricorso, ma con i tempi biblici della giustizia, si arriverà che l’impresa ha dovuto chiudere, magari trasferirsi all’estero per sopravvivere, con posti di lavoro persi qui e creati là. E per una Repubblica fondata sul lavoro non c’e’ male”. 

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