di Roberto Paolino – Vi chiederete perché parlo della strage di Capaci, una settimana dopo le celebrazioni del trentennale dell’attentato che uccise il giudice Falcone, la moglie e la sua scorta.
Non ho voluto partecipare alla sagra della retorica dei giorni scorsi.
Lo stesso Falcone odiava la retorica, le celebrazioni che in alcuni casi sono finte e di maniera.
Io preferisco ricordarlo come un servitore dello Stato che ha lavorato con grande difficoltà e a volte,contro un sistema che era chiaramente connivente con la mafia.
Interessi paura, potere erano il deterrente che teneva a distanza chi non voleva immischiarsi né essere coinvolto.
Falcone, così come Borsellino, era conscio che il loro lavoro poteva costargli la vita, molte volte dicevano siamo “morti che camminano” perché si sa, quando si apre un conto con la mafia l’unico modo per chiuderlo è con la morte.
Cosa nostra è paziente, aspetta il momento giusto per colpire. Altra affermazione che faceva Falcone è che il sistema mafioso lo si combatte anche con atti che non sono propriamente eroici, ma che fanno parte della vita di tutti i giorni: essere onesti, fare al meglio il proprio dovere, e soprattutto avere il coraggio di denunciare quando si intravede azioni o comportamenti poco leciti.
Il mafioso vecchio stampo non esiste quasi più, oggi la mafia agisce nel sistema affaristico, molte volte con la collaborazione del sistema politico.
Non serve essere siciliani, parlare il dialetto siciliano per attuare comportamenti mafiosi.
È sufficiente avere bramosia di potere, di denaro. Li trovi ovunque, li chiamano comitati d’affari, centri di potere, tanti nomi ma con lo stesso risultato: il conseguimento del guadagno ad ogni costo.
Non sparano non uccidono ma sanno fare male, isolando chi non si piega rovinandolo sul lavoro, spaventando i famigliari con minacce che per fortuna nella maggior parte dei casi restano tali, ma che creano paura, insomma metodi ugualmente violenti in quanto non ti uccidono fisicamente, ma ti tolgono la vita sociale, i tuoi averi e la tua dignità.
Onore a Falcone e Borsellino perché loro erano eroi.
Se vogliamo ricordarli e onorarli dobbiamo essere persone rette con la schiena dritta e con il senso del dovere nel lavoro, nella vita e nell’impegno politico. Lasciamo la retorica a chi recita una parte una volta all’anno. « Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola», diceva Falcone. Per cui è importante fare la nostra parte giorno per giorno, con serietà, unico vero modo per sconfiggere la mafia che è come un virus, infetta ciò che tocca.