LA POSTA IN GIOCO: IL RITORNO DEI CONFINI NATO AL 1990

15 Marzo 2025
Lettura 2 min

di Luigi Basso – Per mettere in una prospettiva storica l’attuale peso degli Stati Europei, basti considerare che, alla chiusura della Guerra di Crimea, persino il piccolo Piemonte di Cavour fu ammesso al tavolo della Pace, seduto tra le potenze dell’epoca, mentre oggi gli Stati Europei, nonostante abbiano inviato in Ucraina armi, istruttori, aerei, soldi, nonostante abbiano fornito ogni tipo di sostegno diplomatico e politico a Zelensky, sono esclusi da ogni negoziato di pace.

Sono trattati persino peggio di come venne trattato il Vietnam del Sud che, alla fine della guerra del Vietnam, almeno fu, se non altro per educazione, invitato ad assistere e a firmare la pace tra il Vietnam del Nord e gli USA, prima di essere definitivamente liquidato.

Se si pensa che gli europei per anni si sono baloccati con le Conferenze sulla ricostruzione dell’Ucraina che gli sarebbe ovviamente toccata (la prossima è prevista per luglio 2025 proprio a Roma col nome Ukraine Recovery Conference), non si sa se ridere o piangere.

Si aggiunga che i Paesi Europei non svolgono alcun ruolo neppure nel faticosissimo processo di pace del Medio Oriente.

Una caduta nella completa irrilevanza diplomatica dovuta al fatto che le (ex) potenze del Vecchio Continente, perduto il predominio tecnologico militare, non hanno saputo mantenere almeno quella secolare capacità di saper essere – quando serve – il luogo del dialogo, della mediazione, dell’incontro: addirittura, ignoranti della loro debolezza militare ed economica, hanno pure assunto posizioni esageratamente oltranziste, più russofobe degli stessi statunitensi.

Insomma, un capitale diplomatico costruito da generazioni di statisti, dilapidato in pochi anni: le tradizionali sedi europee degli accordi internazionali di una volta (Vienna, Oslo, Parigi, Roma, Amsterdam, Ginevra: persino Sanremo ospitò una celebre Conferenza, per dire) sono sparite dai radar della geopolitica, sostituite ormai da Gedda, Doha, Istanbul, Muscat, etc..

Dopo una simile umiliazione, tuttavia, gli Stati Europei non hanno ancora capito la lezione, al punto che le loro elites hanno pensato bene di mettere in mostra la propria frustrazione organizzando la sceneggiata del Riarmo, una “piazzata” appunto, al grido di “ci armeremo e ve la faremo vedere”: del resto l’Europa rimane pur sempre la culla del teatro e dell’opera.

Mentre gli europei gorgheggiano come le celebri comari che perdono le staffe, il mondo corre ed i giornali esteri mettono sul tavolo la vera posta in gioco delle trattative tra USA e Russia.

La vera trattativa non riguarderebbe infatti il riconoscimento internazionale del Donbass e della Crimea alla Russia, come ancora si pensa in Europa: del resto, non avrebbe senso fare un accordo in cui si concede ad uno ciò che si è già preso a caro prezzo.

L’oggetto dell’accordo riguarderebbe in realtà tre punti : 1) l’uscita di scena di Zelensky; 2) lo status dell’Ucraina come Stato neutrale e senza esercito; 3) il ritorno della NATO ai confini del 1990, dietro l’Elba.

Per la verità non si tratta neppure di una clamorosa novità: in ogni discorso pubblico Putin ha sempre ribadito tali punti come base imprescindibile di ogni eventuale accordo.

La trattativa sarebbe a buon punto e Trump giudica le premesse promettenti: ciò significa che molto probabilmente si sta arrivando ad un’intesa quadro, per limare poi i dettagli.

Se è chiaro ciò che vuole Putin, non è ancora chiaro cosa intende ottenere Trump.

Parecchi indizi suggeriscono di guardare al continente americano, perno della dottrina Monroe alla quale il Presidente USA si richiama espressamente da un decennio.

I lavori sono in corso ed i leader europei li seguono dal divano di casa, proprio come noi.

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Direttrice: Stefania Piazzo
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