La salute è un lusso. Fare esami e visite è proibitivo per un over 65 su quattro

21 Dicembre 2023
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 Prima la pandemia, con le chiusure degli studi medici, le visite annullate e la paura del contagio; poi, le difficoltà del servizio sanitario con liste d’attesa e oneri a carico dei cittadini. Così, tra il 2020 e il 2022, il 24% degli ultrasessantacinquenni italiani ha rinunciato a una visita medica o un esame diagnostico di cui avrebbe avuto bisogno. Il sistema di sorveglianza Passi d’Argento dell’Istituto Superiore di sanità conferma le difficoltà nella sanità per una delle fasce più deboli della popolazione, quella anziana. “Il fenomeno della rinuncia alle cure negli anziani rappresenta una sfida cruciale per il servizio sanitario nazionale, perché ne riassume in un certo senso tutti i problemi maggiori”, ha affermato in una nota il commissario dell’Istituto Superiore di Sanità Rocco Bellantone. L’analisi si basa sui dati raccolti nel biennio 2021-2022.

Dalla sorveglianza emerge che il 24% degli intervistati dichiara di aver rinunciato, nei 12 mesi precedenti l’intervista, ad almeno una visita medica o un esame diagnostico di cui avrebbe avuto bisogno. La rinuncia alle cure è più grave nelle fasce sociali svantaggiate, in cui raggiunge il 37%. Nel complesso, il 31% ha dichiarato di aver rinunciato per timore del contagio da SarsCoV2; il 22% per la sospensione del servizio o la chiusura dello studio medico a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia; il 36% per le liste di attesa; il 7% per difficoltà nel raggiungere la struttura o per scomodità degli orari proposti. Infine il 5% riferisce che la rinuncia è stata determinata dai costi elevati e non sostenibili. “Se si guarda alle motivazioni per cui oltre 3 milioni di italiani over 65 dichiarano di non aver eseguito test o terapie importanti per la loro salute si vede che in più di un terzo dei casi il motivo la rinuncia è dovuta alle liste d’attesa troppo lunghe o per problemi comunque di tipo organizzativo, come la sede troppo lontana”, aggiunge Bellantone. Le motivazioni che hanno portato alla rinuncia hanno subito cambiamenti nel corso dei tre anni analizzati.

La sospensione dei servizi o la chiusura degli studi medici a causa della pandemia è stata indicata come motivazione nel 45% dei casi nel 2020, ma scende al 31% nel 2021 e al 13% nel 2022; il timore del contagio da SarsCoV2, indicato nel 9% dei casi nel 2020, passa al 17% nel 2021, e scende al 7% nel 2022. Al contrario, le liste di attesa passano dal 10% nel 2020 al 23% nel 2021 e raggiungono il 49% nel 2022; mentre le difficoltà di accesso alle cure sono riferite dal 4% dei casi nel 2020 e nel 2021 e aumentano all’11% nel 2022. “Il servizio sanitario nazionale nei suoi primi 45 anni è stato un supporto fondamentale nella crescita del Paese, riuscendo a garantire le migliori cure possibili alla popolazione con una equità e una qualità che ha pochi rivali nel mondo. Per mantenere questo suo ruolo però serve uno sforzo collettivo, senza colori politici, che consenta di fare una buona pianificazione in grado di superare i problemi emersi in questi anni, anche a causa della pandemia”, conclude Bellantone.

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