Categorie: Cronaca

Mafie al Nord, la profezia inascoltata di Elio Veltri

Era il 2014 ed Elio Veltri mi rilasciava un’ampia intervista sul fenomeno delle mafie al Nord. Sempre attuale, a questo punto, alla luce delle ultime indagini che continuano a portare alla luce il sottobosco economico e politico con infiltrazioni inquietanti nel nostro tessuto sociale.

di STEFANIA PIAZZO

La tv svizzera in dieci giorni a fine agosto, ha realizzato quattro servizi sulla ‘ndrangheta. Hanno parlato procuratori, e anche un ex reggente di cosca crotonese, Luigi Bonaventura. Sapete che ha detto? Che “la ‘ndrangheta è ovunque”, da 40 anni. La Svizzera almeno ne scrive e si interroga dopo la scoperta di una cellula a Frauenfeld. Anche perché il giro d’affari supera quello di Deutsche Bank e McDonald’s insieme. E in Italia? Non una riga di ripresa della notizia.

Ma se parli di ‘ndrangheta con Elio Veltri, sfondi una porta aperta. Il problema è che lo Stato non sfonda da nessuna parte. Si è fermato alla lotta alla mafia, ti spiega il fondatore di Democrazia e Legalità, scrittore di mafia e mafie, già fondatore dell’Italia dei valori e poi primo accusatore dei malanni del partito che sarebbe finito rovinosamente nel nulla. Veltri, insomma, non le manda a dire. Rischiò di essere denunciato per diffamazione quando a Pavia, in consiglio comunale, denunciò presenze indesiderate nel tessuto locale. Poi, arrivò un’inchiesta milanese e gli arresti più importanti si consumarono dove Veltri aveva avuto la vista lunga. Ma era troppo tardi.

Il problema è che i partiti, la politica, queste cose non se le vogliono sentir dire. E Veltri, già parlamentare, già politico e giornalista di razza, continua ad avere un tarlo: la ‘ndrangheta. Poi, subito dopo, il fallimento dello Stato nel riuscire a monetizzare le confische dei beni ai mafiosi.

Confisca, ma poi non riesce a trasformare in denaro il bene confiscato. Morale, la mafia ride, e gli arresti sono solo una facciata dell’operetta. Insomma, tutta scena.

“Ho scritto a tutti i ministri dell’Interno. Ma lei crede mi abbiano risposto?.

Neppure Maroni, il super ministro?

“Neanche lui, mia cara”.

Veltri, restiamo in Lombardia, in questa terra dove gli scandali e le commistioni viaggiano alla velocità della finanza….

“Precisamente. In Lombardia c’è una presenza forte, soprattutto della ‘ndrangheta. Per  anni è stata contrastata Cosa  nostra. Quando sono arrivato in Regione nel 1980 una delle prime pubblicazioni che mi finì tra le mani era relativa agli atti di un convegno sulla mafia a Milano.

Vi ricordate che  mentre era latitante a Milano Luciano Liggio (aveva una tubercolosi ossea), capo dei Corleonesi, le sue aziende lavoravano per il Comune di Milano?

D’altra parte era inevitabile che la mafia camminasse nel tessuto lombardo. Ma si può intervenire solo se sei capisce che cosa è la mafia, e parlo della ‘Ndrangheta, della Camorra, di Cosa Nostra. Ma   la ‘ndrangheta l’hanno lasciata vivere e crescere mentre tutta l’informazione si occupava di   Cosa nostra, così almeno fino al ’90 per le stragi”.

Chi ha commesso l’errore di sottovalutare la ‘ndrangheta?

“Pezzi di apparato dello Stato, l’informazione… Un giorno nel corso di un interrogatorio Buscetta disse a Giovanni Falcone:” Signor giudice, lei è sicuro che la ndrangheta esiste come organizzazione autonoma? Falcone confermò  che esisteva eccome!”. “La ‘ndrangheta è stata lasciata in santa pace, ha potuto ingrandirsi, irrobustirsi, in più avendo una organizzazione senza pentiti, di fatto (sono tutti legami di sangue) è difficile penetrare nel suo sistema e quindi combatterla. Ma il concetto di fondo è un altro: io sono meravigliato quando qualcuno si meraviglia”.

Intende per la Lombardia, che non è di fatto demafiosizzata, come vorrebbe qualcuno?

“La mafia è una organizzazione criminale economica, l’obiettivo è arricchirsi e fare soldi. Oggi la mafia vive nell’economia globale, ed ha tre obiettivi: arricchirsi; avere rapporti sociali (basti pensare cosa è accaduto a Oppido Mamertina con la statua che si piega in ossequio davanti alla casa del boss ai domiciliari. Il boss mantiene ancora rapporti sociali); rapporti politici: la presenza di rapporti politici consente di dimostrare che si ha il potere”.

Soldi, rapporti sociali e politici, humus lombardo?

“Se l’obiettivo è fare soldi, arricchirsi, fare affari, la Lombardia lo dovevano capire tutti, fin dagli anni ’80, sarebbe stata la prima regione da aggredire, in cui insediarsi.

Fare affari vuol dire entrare nei circuiti finanziari ed economici. Nel mio libro Mafia pulita, del 2009,  racconto cinque storie di cui due di ‘ndrangheta, due di Camorra e una di Cosa nostra.

In una storia di ‘ndrangheta, in Calabria, racconto del rapporto tra due cosche importanti con un broker giovanissimo,  di recente riarrestato e condannato a Bologna per traffico di cocaina con la Colombia. Il giovane trattava con i più importanti narco trafficanti colombiani,   carichi fino a 2 tonnellate! Già questo fa capire le somme in gioco… Un’altra storia di ‘ndrangheta che racconto è quella dell’Ortomercato a Milano”.

Ortomercato a Milano e 10 anni di indagine, quella storia?

“Sissignore, la magistratura ha fatto un’indagine durata 10 anni. Non se ne accorgeva nessuno di quello che succedeva dentro? L’Ortomercato era stato affittato da uno dei personaggi della cosca Morabito di Africo, che è un grande casato di ‘ndrangheta. Salvatore Morabito era in libertà vigilata in Calabria dopo essere stato arrestato. Finita la galera, ha detto al maresciallo dei carabinieri: senta, io mi devo reinserire… Ho bisogno di lavorare, forse trovo un posto a Milano. Va bene, vada, gli hanno detto!

Lui, che aveva organizzato tutto, aveva un prestanome che aveva costituito 7-8 cooperative dentro l’Ortomercato. Formalmente vendeva ravanelli e ciliegie ma era di copertura al traffico di droga. Avevano affittato i migliori locali dell’Ortomercato, Salvatore Morabito figurava ufficialmente fattorino di una delle cooperative, arrivava al lavoro con la Ferrari. E nessuno si accorgeva di niente..”.

E come è finito lo “scherzo”?

“Hanno strafatto. Hanno perso il controllo della situazione, cosa che difficilmente accade nella ‘ndrangheta, hanno voluto aprire un locale notturno, For the king, per il re, che probabilmente era lui. Quando l’hanno inaugurato, lui era stato già arrestato un’altra volta, però nel locale c’era una parte della Milano bene, della finanza accolta dal numero due della cosca che in Lombardia era “Morabito, Bruzzaniti, Palamara”. Poi negli anni successivi è scoppiato lo scandalo e il locale è stato chiuso… Ma quanto tempo è dovuto passare?”.

Sono fatti che si sono consumati nell’indifferenza generale. Possibile che la gente non vedesse nulla?

“Non si accorgeva di nulla nessuno anche a Pavia. Nel 2006 io ero stato in Parlamento e in commissione antimafia per due anni. E quindi ero documentato.

Vede, finchè si parla dell’ala militare della mafia, sia che si tratti di Cosa nostra Camorra o altro, va tutto bene. Quando si vogliono approfondire i problemi sui temi economici e i rapporti politici, allora si rischia di scontrarsi e restare soli”.

Così lei è rimasto solo, a Pavia, “covo” di mafie?

“Le racconto un fatto. In consiglio comunale nel 2006 a Pavia sollevo la questione della ‘ndrangheta sulla base di documenti che conoscevo: è scoppiato il finimondo. Esplose una protesta terribile, uno dei consiglieri comunali di allora, chiese alla sindaca di interpellare un legale per valutare di denunciarmi per aver diffamato la città!

Nel 2010, con le indagini Boccassini Processo infinito, tra Lombardia e Calabria vi furono più di 300 arresti, ma i più significativi furono  a Pavia…Nessuno però mi ha chiesto scusa per aver ostacolato il sottoscritto. Nel 2007 avevo scritto al sindaco e a tutti i consiglieri  comunali, a futura memoria, ma nemo profeta in patria”.

Senta dr.Veltri, la crisi allontana o avvicina le mafie?

“Avvicina, altro che. Se la ricorda in Lombardia   la vicenda della banca “mafiosa”, vicenda sottovalutata, e prima ancora il sequestro di un call center? La mafia vuole fare affari; con la crisi, molti imprenditori lombardi hanno avuto bisogno di denaro e si sono rivolti alle mafie. Non fanno operazione di usura vera e propria ma danno i soldi a tassi elevati, soprattutto per entrare nelle aziende e poi impadronirsene. Quante aziende dal 2007 dall’inizio della crisi ad oggi sono passate di mano in Lombardia? Basterebbe conoscere questo dato per capire l’entità della presenzae della ricchezza della ndrangheta ”.

Tenuto conto che la mafia va dove c’è la Borsa, i mercati finanziari, le grandi banche, i mercati di beni e servizi, perché la mafia investe, che giro d’affari ritiene si possa stimare?

“Il prof. Masciandaro che insegna alla Bocconi, ha detto che soprattutto la ‘ndrangheta investe circa il 30% del proprio ricavato in attività legali. Se teniamo conto che la cocaina nella storia che ho scritto per la Calabria, veniva comperata a 20-22mila dollari al chilo e rivenduta a 70mila dollari al chilo in Italia e 110 mila  in Australia dove c’è una forte presenza della ndrangheta, comprendiamo bene quale sia il livello dei profitti”.

Arresti, blitz che annullano quasi la schiera dei latitanti. Perché non basta?

“In questi anni si è parlato di arresti eclatanti, si è fatta la lotta alla mafia, hanno i messo lapidi per ricordare chi è stato assassinato, però hanno ignorato il problema fondamentale, perché c’è un solo modo per combattere la mafia, confiscare i beni”.

Quanto è radicato il sistema mafioso in Lombardia?

“ Molto. Ci sono stati arresti, che sono necessari, ma i mafiosi continuano a tenersi stretti i patrimoni, i figli studiano nelle migliori università, gestiscono grandi aziende, questo fanno! Operano tranquillamente nell’economia globale, non hanno più bisogno di uccidere, corrompono e comprano. La corruzione è strumento essenziale del loro modo di fare affari. In Lombardia è successo che il capo della ‘ndrangheta (teniamo conto che ci sono 20  sezioni nei capoluoghi e comuni), si era messo in testa di operare autonomamente dalla Calabria, poi l’hanno ammazzato. Poi viene arrestato un professionista  tributarista: era andato in Calabria, ha partecipato al matrimonio di figli di boss importanti, in tre posti diversi, è tornato in Lombardia e ha fatto un incontro nel centro Falcone Borsellino di Paderno Dugnano con gli “amici”! Lì hanno eletto il nuovo responsabile. Non parliamo della luna, a quel professionista,  nei giorni scorsi  hanno confermato 18 anni di galera in appello per il Processo Infinito della Boccassini.

Ora c’è un nuovo capo, e in tutti i processi emergono contatti con uomini politici e d’affari, con banche che si sono prestate a fare dei crediti (questo facilita il riciclaggio di denaro).

A Pavia sono stati arrestati tutti i soggetti appartenenti alla borghesia professionale, il direttore sanitario, il tributarista, un biologo che faceva anche traffico di rifiuti, imprenditori… Se non si capisce questo, è difficile fare la lotta alla mafia”.

Veniamo al nodo della confisca. Dove sta l’intoppo?

“Ho letto una relazione di Grasso quando era procuratore nazionale antimafia,  scritta e depositata in Antimafia al Parlamento. Grasso faceva critiche pesanti ai suoi colleghi, alle forze dell’ordine, alla politica. Questa relazione non è mai uscita, avrebbe provocato un dibattito. E non solo.

Grasso diceva: noi abbiamo sequestrato il 10% dei beni delle mafie italiane. Negli anni 2008-2010 c’erano delle stime secondo le quali i beni di tutte le mafie valevano 1.000 miliardi di euro.

Visto che i governi non trovano soldi, se avessero voluto, avrebbero saputo come fare.

Grasso poi diceva: abbiamo sequestrato il 10%, di questo 10% abbiamo confiscato il 5%, quindi niente. Di questo 5%, e questo lo aggiungo io, il 70% non è stato né utilizzato né venduto.

L’agenzia per la destinazione dei beni non funziona, hanno aperto sedi a Reggio Calabria, a Roma, a Milano, a Napoli… e non funziona! La legge sul riciclaggio non funziona e sono anni che l’Europa ci chiede di fare  la riforma, la corruzione imperversa ed è diventata strumento essenziale nelle mani della mafia, il falso in bilancio l’hanno depenalizzato..

Ogni giorno sentiamo di sequestri di beni ma non si sa dove vanno a finire, le azioni i titoli sono nei paradisi fiscali, le aziende confiscate e gestite poi dallo Stato falliscono”.

Quali sono i numeri delle confische?

“Tenga presente che dal 1983 ad oggi sono state confiscate alle mafie italiane più di 1600 aziende, tranne 30, le altre sono fallite tutte. Lo Stato non è in grado di gestirle”.

Non c’è nessuna forza politica in grado di mettersi di traverso definitivamente?

“Sono due le componenti: mancanza di volontà politica, nessuno propone un dibattito parlamentare, nessuno chiede al governo di presentarsi e di fare il quadro preciso della situazione dei beni sequestrati e soprattutto confiscati, nessuno chiede al governo come mai tutte le aziende confiscate siano fallite..

Da una parte non c’è volontà politica, perché la politica è diventata solo un mantra ripetitivo, il resto non conta niente; dall’altra non studiano i problemi, non li conoscono.

Il Movimento 5 Stelle con un numero di deputati enormi, potrebbe fare una battaglia su questo!”.

Il governo potrebbe ridurre le tasse se sapesse confiscare i beni mafiosi?

“Per fare quello che propone Renzi, servono 50-60 miliardi l’anno, e dove li prendono in questa situazione? Eppure i soldi sono lì, a portata di mano: i beni confiscati e da monetizzare. Invece ne confiscano pochi e li fanno marcire. Sono sbalordito che non si pongano neanche il problema di incrementare la confisca dei beni, di accelerare le confische per legge. Basterebbero due giorni per fare una legge per una accelerazione. I beni potrebbero essere venduti con delle cartolarizzazioni internazionali. Da parlamentare sono stato negli Usa con la commissione Giustizia. Gli americani ci hanno spiegato che tutti i giorni vendevano beni confiscati alle mafie in America. Lì era più facile, i territori sono più vasti, ma un’operazione simile non è impossibile in Italia. Eppure non si fa, nessuno ne sa niente, danno notizie senza relazioni organiche, in modo che non si sappia effettivamente come stanno le cose. E non se ne occupa nessuno… Sono centinaia e centinaia di miliardi di euro”.

Nessuno si preoccupa di recuperare i miliardi dei beni confiscati?

“Non si fa a Roma e non mi risulta sia mai stato fatto nei consigli regionali, Lombardia in testa”.

Maroni è stato un buon ministro dell’Interno?

“Maroni è stato un buon ministro dell’Interno se ignoriamo il problema di cui stiamo parlando. Sono aumentati gli arresti, ma il resto non è cambiato. Io gli scrissi una lettera e gli ponevo questi problemi. Lo avevo conosciuto in Parlamento, mi pare una persona seria, ma non mi ha risposto.

Sollevo queste questioni da anni, ci fosse uno che risponde. Mi dicessero: Veltri, stai dicendo stupidate… perché abbiamo confiscato il 50% dei beni! Me lo dimostrino e io sto zitto.

Però lo scrive anche il procuratore nazionale antimafia, nel 2009, questi sono i dati effettivi, e quella relazione i parlamentari non l’hanno letta, hanno altro di cui parlare”.

Anche Renzi parla…

“In Italia l’economia sommersa data dalla la somma del nero e dell’economia sommersa e criminale secondo dati della Banca d’Italia, Eurispes, era pari a 600 miliardi di Pil nel 2013. Circa la metà del pil italiano, che è di 1.500 miliardi, per il 40% è somma di economia sommersa e criminale.

I dati che coincidevano in particolare erano quelli di Eurispes e Bankitalia: 420 miliardi di sommerso e 200 di attività criminale. E la mafia con 200 miliardi può corrompere chi cavolo vuole.

Nessuno è mai intervenuto per dirmi che sto dicendo delle fregnacce. Ho scritto a Letta, a Renzi, a Maroni, c’ho provato con tutti… Le cose stanno così. Intanto, cari amici lombardi, solo la ‘ndrangheta ha realizzato il suo federalismo. Quando Pino Neri scese in Calabria, ai suoi disse: “Voi siete autonomi e indipendenti”. Ho detto tutto”.

Stefania Piazzo

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