Ricorre oggi la 168° festa della polizia di Stato. Quest’anno niente sfilate. Anni ne sono di passati dalla sua fondazione, e ancora di più vale la pena ricordare quando esisteva come Pubblica sicurezza… e poi ancora il passaggio da corpo militare alla smilitarizzazione.
In ogni caso le immagini spettacolari che l’archivio dell’istituto Luce propone e che riproponiamo sono quelle di un’Italia che nel 1959 viveva sulle soglie di un discreto benessere, il senso dello Stato era ben diverso da quello di oggi. Le istituzioni era degne del loro nome, la cultura politica portava con sè statisti, non i maghi dei social.
In questi fotogrammi di sicura retorica c’è però un Paese che ha fiducia, che crede nelle proprie forze. Si capisce anche quanto lo Stato investisse nella sicurezza. E quanto ne andasse fiero.
Lì dentro ci sono i papà di una generazione di noi cinquantenni, sulla soglia di un crinale di crisi che non ha precedenti. Quei papà che vediamo sfilare erano figli della guerra e il loro dopoguerra era lavorare per dei valori comuni, condivisi. Non è retorica. C’era anche il mio papà in quel corpo acrobatico di motociclisti della Polizia Stradale. Oggi, mentre non lo posso abbracciare perché sono io a metterlo in sicurezza dentro casa perché non corra rischi, così come tanti figli che devono aspettare la fine di questa infinita quaresima sociale e sanitaria, penso anche a chi l’abbraccio non lo darà più. E non lo ha potuto dare. Nel disastro, si è fortunati.
Nel giorno della Festa della Polizia, siamo tutti un po’ grati, a vario titolo, verso chi ci tutela. Io lo faccio così, emozionandomi nel vedere un Paese in ordine, tanti anni fa, ricordando la mia infanzia felice a giocare sulle Guzzi in garage alla caserma Marconi di via Massarotti a Cremona, dove passavo pomeriggi e giornate a inserire fogli sulle macchine da scrivere.
La festa della Polizia è un lessico familiare, lo è per i figli dei poliziotti, orgogliosi dei loro papà, ma lo è anche per chi in questi giorni vede la fatica di lavorare in chi fa da scudo all’incoscienza e all’imprudenza. Padri e madri di tutti, in divisa. (il direttore)
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