di Sergio Bianchini – Ernesto Galli della Loggia nel suo editoriale sul Corsera del 15 aprile scorso osserva sorpreso che ritornano in primo piano gli stati nazionali.
E vede crollare tutti i dogmi sostenuti per decenni secondo cui le nazioni erano un ostacolo al progresso umano in un mondo ormai totalmente globalizzato con una indissolubile interdipendenza tra il tutto ed ogni singola parte del pianeta.
E, secondo il classico stile italiano, passa da un estremo al suo opposto. Tutto quello che si era detto non vale più e tutto quello che doveva scomparire ritorna al centro della scena. Sorpresa? Per lui si ma non per tutti.
Chi non era stato unilaterale non è affatto sorpreso. La vitalità della nazione era davanti a tutti, soprattutto nel cosiddetto terzo mondo che dalla fine della guerra ha visto quadruplicarsi il numero delle nazioni passate nell’ONU e salite da una cinquantina a circa 200. Nascita di circa 150 nuove nazioni conseguenza del processo di liberazione dal dominio dei paesi imperiali, in primo luogo Inghilterra Francia e USA.
Il rifiuto del nazionalismo maturato nel socialismo europeo aveva delle ottime ragioni perché le grandi nazioni europee si erano dilaniate per la spartizione del mondo provocando con le loro contese le due guerre mondiali.
Quindi il rifiuto del nazionalismo era in realtà il rifiuto dell’azione imperiale. Ma il concetto non era ancora chiaro. Solo nel 1934 la terza internazionale scoprì e nobilitò il nazionalismo difensivo, quello cioè contrapposto ai super domini imperiali, difensore di una indipendenza propria ma non a danno di altri.
Un nazionalismo quindi non aggressivo ma determinato ad opporsi all’aggressività altrui e oggi il quadro mondiale mostra proprio l’aumento di questo tipo di nazionalismi con l’evidente difficoltà di USA Inghilterra e Francia a mantenere la loro egemonia mondiale.
Della Loggia, passato d’un balzo dal dominio del totale al protagonismo del parziale, non vede che i nuovi nazionalismi pullulano e pulsano proprio dentro la situazione mondializzata nella quale gli eventi internazionali e nazionali sono intrecciati come non mai.
Non a caso i paesi più attivi nel dominio imperiale sono costretti a ignorare il sentimento della legalità internazionale di cui l’ONU è il più autorevole e legittimo rappresentante e scatenano ovunque guerre grandi e piccole e fomentano disordini nei paesi altrui in base alla loro nuova morale che però non ha niente a che fare con il diritto internazionale maturato in cento anni.
Nel suo articolo non nomina nemmeno L’ONU mentre al contrario Papa Francesco lo aveva messo al centro delle nuove dinamiche di fraternità tra tutte le nazioni del mondo. Nomina invece tantissimo “gli abusi della Cina” la quale è colpevole solo di crescere sulla base non di avventurismi militari ma del suo duro lavoro con la conseguente spettacolare crescita economica. La Cina e l’attacco contro di essa è il maldestro tentativo di USA e Regno Unito di polarizzare nuovamente il mondo come ai tempi dello scontro USA URRS. Ma a mio parere è un tentativo di impossibile realizzazione perché gli attori sulla scena mondiale sono troppi.
Non polarizziamoci dunque sui nuovo dualismo che ci inchioderebbe a ruoli prestabiliti e paralizzanti come ai tempi della guerra fredda. Ogni stato nazione deve e può perseguire contemporaneamente sia il proprio interesse che quello di una comunità mondiale equilibrata e unita contro gli abusi e le prepotenze.