di Sergio Bianchini – A settembre banchi con lo schermo di plexiglass?
Possibile che ai vertici della pubblica istruzione sembri praticabile il banchetto scolastico cintato di plexiglass per battere il contagio di virus?
A parte i costi, a parte la plastica odiata posizionata ovunque, lo spazio fisico sarebbe impossibile ed alla fine anche inutile. Parola di preside (ex preside, anzi).
Evidentemente non si conoscono le dinamiche di classe, i cambi d’ora, i lavoretti di gruppo, gli intervalli, l’accesso ai bagni, l’entrata in massa e così l’uscita.
Forse la soluzione davvero praticabile e semplice sarebbe l’alternanza con metà alunni in classe alternati per 3 volte la settimana usando anche il sabato oppure il dimezzamento netto dell’ora di lezione.
Oggi le classi vedono mediamente sei ore al giorno di lezione per 5 giorni. Sei ore consecutive che obiettivamente hanno un carattere mostruoso, senza eguali non dico in Europa ma neppure nel mondo intero.
L’Italia ha il record europeo di grandezza annuale del tempo scuola per gli alunni e di esiguità dell’orario di lavoro per gli insegnanti. Come al solito lo stato italiano brilla per la confusione e la doppiezza. Troppo duro ma contemporaneamente troppo molle oscilla tra anarchia e dittatura. Con estremismi opposti che si annullano a vicenda.
E così nella scuola abbiamo il gigantismo nell’orario dei poveri alunni e il nanismo nell’orario dei docenti. Siamo l’unico paese europeo dove non esiste l’insegnante a tempo pieno. Il nostro alunno fa mediamente più di 1000 ore annue sul banco contro le 800 della media europea.
Inoltre da noi per il diploma ci vogliono 13 anni contro i 12 dell’Europa. L’orario dei docenti è simile a quello europeo per il totale delle lezioni settimanali ma da noi la presenza a scuola aggiuntiva rispetto alle lezioni è di 8 ore al mese mentre nelle scuole europee si vede un orario complessivo di 36 ore settimanali così come nelle scuole regionali italiane.
Passare dunque temporaneamente a 3 ore al giorno anziché sei con mezza classe (mediamente una decina di alunni) seguite da altre 3 con il secondo gruppo sarebbe semplicissimo. Non cambierebbe l’organizzazione dei docenti, i loro orari e inciderebbe pochissimo sulle lezioni reali. Infatti sappiamo che nella vita di classe le interrogazioni programmate, la correzione dei compiti, le discussioni infinite sulle ondose vicende umane che si sviluppano quotidianamente lasciano pochissimo tempo alla lezione vera e propria.
Sappiamo anche che una lezione tipo con 20- 25 minuti di spiegazione si può realizzare compiutamente. Quindi con tre ore al giorno di lezioni senza interrogazioni e correzioni dei compiti il lavoro puro di insegnamento potrebbe essere preservato. Le ore plurime di materia poi, cioè quasi tutte, potrebbero essere accorpate creando uno spazio base anche di un’ora intera.
Si potrebbe parallelamente attivare, con qualche ora straordinaria uno spazio pomeridiano per interventi mirati su piccoli gruppi di alunni con l’assistenza ai compiti e con le interrogazioni e le verifiche programmate.
Troppo semplice? Si, molto semplice. Con l’aggravante che sarebbe fattibile senza sceneggiate teatrali.
Ma l’ultima obiezione potrebbe essere che in realtà la scuola non serve per l’insegnamento ma per intrattenere i giovani al posto della famiglia. Ammettere questo è già dirla lunga sul ruolo effettivo oggi in Italia della scuola. Comunque apprezzo sempre la sincerità e allora… bene, per l’intrattenimento non serve il ministro della pubblica istruzione. Bastano i sindaci, già proprietari e manutentori degli edifici scolastici e delle risorse specifiche dedicate all’intrattenimento.
Il ministero organizzi la docenza base e lasci ai Comuni e alle famiglie con qualche dotazione finanziaria il compito dell’intrattenimento. Cosa che in parte già avviene con il pre scuola e il post scuola che molti Comuni fanno nelle scuole elementari per le famiglie che lo chiedono.
Chi vuole capire e risolvere davvero e non polemizzare inutilmente vede la fattibilità del discorso. Chi non vuole capire voli alto, nel plexiglass.
Photo by José Luis Rodríguez Martínez