Altro che superbonus. Vi racconto il decreto da 200 miliardi di aiuti dalle banche, garantiti dallo Stato per il Covid. Poi arriva la crisi, la guerra e dal 2022 lo Stato toglie le garanzie….

22 Settembre 2023
Lettura 2 min

di Giuseppe Longhin – Si parla molto del superbonus 110% (articolo 119 del decreto legge n. 34/2020 decreto Rilancio) e dei problemi da parte del Governo nel rispettare i pagamenti per mancanza di fondi creando i disagi che ben conosciamo.

Ma poco si parla di un altro “aiuto” dato alle imprese nel settembre 2020 e presente nel decreto legge n. 23 dell’8 aprile 2020. Si rende necessaria una breve introduzione, probabilmente noiosa ma utile per comprendere.

In breve, il decreto prevedeva uno stanziamento di 200 miliardi a garanzia dei finanziamenti accordati dalle banche alle imprese. Si poteva ottenere un importo pari al 25% del fatturato del 2019 o il doppio della spesa salariale annua dell’anno precedente, sempre il 2019.

Il finanziamento era dato in pochi giorni, non occorrevano particolari documenti o specifiche su come si sarebbero spesi i denari, lo Stato garantiva fino al 90% dell’importo, erano previsti 24 mesi di preammortamento e la prima rata di capitale si sarebbe pagata al 25mo mese dalla stipula, era previsto anche l’esonero del pagamento della commissione per la garanzia. Unico vincolo: il non essere in situazione di crisi nel 2019.

Per un’azienda che in poco più di una settimana si è trovata a dover chiudere da due a 4 o 5 mesi senza sapere come agire e sopravvivere e con unico riferimento l’allora primo ministro Conte che ogni sera modificava il DPCM della sera precedente, questo finanziamento era visto come unico modo per avere da subito liquidità per pagare salari, fornitori, nuovi progetti, ripartire insomma con del fieno in cascina utile anche al morale.

Lo Stato, per una volta, tutelava e garantiva e dava fiducia alle imprese cercando di salvare il tessuto socio/economico del Paese, e allora ben venga il finanziamento. Tanto lo paghiamo dopo due anni, tanto è garantito al 90%, tanto ce lo concedono facile. Arrivarono ben 2,5 milioni di domande e oltre 200 miliardi finanziati. Dalla sola Lombardia, a conferma che il motore del Paese è qui, arrivarono 448.114 domande per 44,3 miliardi finanziati, il 22% del totale.

Poi, come sempre succede in Italia, le cose cambiano. Guerre, speculazioni sulla materia prima, aumento dell’inflazione e tassi raddoppiati (sì, perché il finanziamento era a tasso variabile, bontà loro) hanno contribuito a mettere in difficoltà molte aziende. A farne chiudere molte, però, ci ha pensato lui: lo Stato, facendo passare, nell’aprile 2022, come aiuto di Stato il finanziamento del 2020 e bloccando di fatto così la possibilità, per gli istituti di credito, di aumentare i fidi bancari o dare altri prestiti alle aziende.

“Beh fa nulla, c’è la garanzia dello Stato!”. Sì, la garanzia vale ed è rispettata, ma solo per gli istituti di credito che in caso di insolvenza ricevono il 90% della garanzia da Mediocredito che poi, ça va sans dire, fa rivalsa ai soci delle aziende pignorando immobili, beni, denari.

Sia ben chiaro: nessuno chiede condoni o denari a fondo perduto (quelli generalmente sono per il sud). Qui si parla di fiducia data ad uno Stato che poi, come sempre accade, manca, tradisce, modifica le regole e tutela sempre e solo i più forti (le banche).

La colpa, come troppo spesso il sottoscritto ripete, è sempre e solo nostra. Di chi, malato di cuore, sceglie di mettere la propria vita nelle mani del chirurgo meno preparato ma che si vende bene perché segue la moda, ha una bella auto e un bel sorriso. Poco importa se non sa trapiantare un cuore. Stavolta, però, il cuore, per non essere più volgari, è il nostro e dovremmo prestare più attenzione perché siamo già oltre e non possiamo più sbagliare.

Credit foto markus-spiske-iRWXtXNXjIY-unsplash

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