Categorie: Economia

Le imprese del Sud: le tasse non sono così basse come dice Roma. Sempre più difficile trovare forza lavoro, i più disponibili gli stranieri

In poco più di un quarto di secolo il numero di aziende che compone il capitalismo familiare del Mezzogiorno è più che raddoppiato, passando da 213 imprese nel 1996 a 431 nel 2022, a fronte di una crescita complessiva delle imprese del Centro-Nord della stessa ”taglia” pari al 13% (circa 3.600 unità nel 2022). In incremento soprattutto il numero delle Mid-Cap campane (+114 unità), pugliesi (+46) e siciliane (+27).

Oggi le medie imprese del Sud Italia rappresentano appena lo 0,5% del tessuto imprenditoriale meridionale, ma realizzano complessivamente l’11,9% del valore aggiunto manifatturiero totale dell’area. E’ quanto emerge dal rapporto ‘La competitività delle medie imprese del Mezzogiorno tra percezione dei rischi e strategie di innovazione’ dall’area studi di Mediobanca, dal centro studi Tagliacarne e Unioncamere, e presentato oggi a Bari. In Puglia le medie imprese sono 84 e generano l’11,4% del valore aggiunto manifatturiero dell’intera regione. Le medie imprese meridionali hanno registrato dati in controtendenza rispetto alla tradizionale immagine di un Mezzogiorno omogeneamente attardato. Nel decennio 2013-2022, il loro fatturato è aumentato del 71,2% rispetto al 59,7% delle imprese del Centro-Nord. La loro produttività è cresciuta del 33,4% rispetto al 29,1% del resto d’Italia e la competitività è aumentata di 26 punti percentuali (+13,9 p.p. le altre aree), con un incremento significativo della forza lavoro (+29,6% vs +22,3%).

Questi risultati positivi sono ancora più rilevanti se si considera che sono stati conseguiti nonostante una pressione fiscale che penalizza le Mid-Cap meridionali: il tax rate medio del decennio è pari al 31,3% contro il 28,5% degli altri territori. Se ad esse fosse stata imposta la medesima tassazione delle imprese del Centro-Nord, avrebbero risparmiato 220 milioni di euro nel decennio. Anche il 2023 si è chiuso con una crescita delle vendite delle medie imprese meridionali pari al 2,7% contro un calo del 3,6% di quelle delle altre aree e, nonostante il contesto altamente sfidante, le attese per il 2024 rimangono cautamente ottimiste (+2% per fatturato ed esportazioni) a fronte di un’aspettativa negativa delle Mid-Cap del Centro Nord (rispettivamente, -1,5% e -4%). 

Il reperimento di profili professionali adeguati rischia di diventare il principale ostacolo alla crescita delle medie imprese, in particolare per quelle del Mezzogiorno. Negli ultimi 24 mesi, oltre l’80% di esse ha dichiarato di aver avuto problemi legati a questa criticità; la quota si dimezza per le imprese delle altre aree (42,8%). Anche per questo, il 33,3% di queste imprese punta ad assumere nei prossimi tre anni lavoratori stranieri, soprattutto per l’indisponibilità dei lavoratori italiani (61,9%) e per la mancanza di giovani (28,6%). Sempre in tema di capitale umano, si segnala che la presenza femminile nelle medie imprese del Mezzogiorno si ragguaglia appena al 12,4% della forza lavoro (solo il 3% in una posizione manageriale); le quote sono più alte con riferimento alle Mid-Cap delle altre aree (27,3% e 9,7%). Il 36,4% delle medie imprese del Sud ha subìto rallentamenti nell’attività aziendale dovuti alla rottura delle catene di fornitura (18,3% quelle del Centro-Nord). Per risolvere questa criticità, quasi la metà delle aziende meridionali punta alla diversificazione dei fornitori, in misura leggermente inferiore rispetto a quelle delle altre aree (54,9%). Meno di 1 su 3 intende rafforzare la collaborazione con i fornitori attuali (28,6%; 30,9% nelle altre aree), mentre la sostituzione viene adottata soltanto dal 9,5% delle imprese al Sud (7,8% altrove). 

 Più digitali, un po’ meno green e mediamente fiduciose nei vantaggi apportati dal Pnrr l’87,3% delle medie imprese del Mezzogiorno ha investito nel triennio 2021-2023 e/o investirà nel triennio 2024-2026 in tecnologie 4.0, contro l’82,1% di quelle del Centro Nord.

Il principale investimento in questo ambito è rivolto alla digitalizzazione dei processi che riguarda il 78,9% delle medie aziende al Sud e l’85,5% di quelle del Centro-Nord. Seguono lo sviluppo di sistemi gestionali avanzati e/o di produzione additiva (55,3% nel Mezzogiorno, 57,4% altrove), l’ottimizzazione di magazzino e logistica (52,6% vs 45,3%) e il potenziamento della cybersecurity (50% vs 45,5%). Nei prossimi tre anni, il 41,3% delle medie imprese meridionali inizierà ad utilizzare l’IA (contro il 37,5% del resto d’Italia), non solo per migliorare le attività, ma anche per realizzarne di nuove e più innovative.

Meno accentuato appare, invece, il passo verso la transizione green. Il 66,6% delle imprese del Mezzogiorno ha investito o investirà nel periodo considerato in sostenibilità e più dell’80% lo farà puntando sulle tecnologie per energie rinnovabili in linea con le altre aree del Paese. Quasi il 50% delle medie imprese del Mezzogiorno ritiene che il Pnrr contribuirà alla crescita economica del Paese, il 43% alla transizione digitale e poco più del 37% a quella green. In questi ambiti le Mid-Cap del Sud Italia risultano più fiduciose di quelle del Centro-Nord. Tuttavia, 1 impresa su 2 crede che il Pnrr non porterà vantaggi competitivi per l’eccessivo iter burocratico e per la difficoltà nell’eseguire i progetti.

credit foto 2ni-STcI92E8w8Y-unsplash

Redazione

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