Ue divisa su voto Ucraina. Meloni si smarca verso Donald

13 Marzo 2025
Lettura 3 min

La premier Giorgia Meloni si smarca, nel momento della verità. L’astensione di Fdi sulla risoluzione sull’Ucraina al Parlamento europeo arriva a marcare e ribadire la volontà di essere ponte tra Bruxelles e Washington. Anche in vista del possibile viaggio alla Casa Bianca, non ancora in agenda. “L’auspicio è che avvenga prima che entrino in vigore, il 3 aprile, i dazi nei confronti dell’Europa”, dice una fonte parlamentare di Fdi. Il ragionamento nel partito di via della Scrofa è che la risoluzione su Kiev era insostenibile, non solo perché non faceva riferimento al lavorio dell’amministrazione americana, ma anche perché il tentativo di alzare i toni nei confronti della Russia in questa fase rischiando di essere controproducente proprio per la causa ucraina.

La mossa di Ursula von der Leyen, insomma, da questo punto di viene considerata intempestiva, tanto che Fdi ha cercato di far slittare il voto a Strasburgo. L’atteggiamento di Fratelli d’Italia in Europa potrebbe al contempo facilitare una convergenza nel centrodestra quando si dovrà mettere a punto la risoluzione della maggioranza in vista delle comunicazioni che la premier farà martedì al Senato e mercoledì alla Camera.

“Nella coalizione – spiega una fonte dell’alleanza – tutti, chi più e chi meno, sostengono gli sforzi di Trump”.

Il nodo resta tuttavia il piano di riarmo della commissione Ue sulla difesa. Gli eurodeputati hanno votato a favore della risoluzione sul Libro bianco sulla difesa Ue, che accoglie anche il progetto da 800 miliardi. “Siccome il Consiglio europeo parlerà anche di questo è un argomento che non si può eludere”, dice un esponente di primo piano di Fratelli d’Italia. Soltanto che la Lega non vuole sentir parlare di piano di difesa europea, da qui le sensibilità diverse. Per il momento non c’è stata alcuna riunione di capigruppo, ma nella maggioranza si è cominciato da tempo a parlare di quale potrà essere il punto di caduta. L’appiglio è il ‘lodo’ Giorgetti (“Il piano – ha detto il ministro dell’Economia – dovrà essere pensato in modo che non comprometta la sostenibilità delle finanze pubbliche, non comporti un significativo aumento del debito pubblico. Il finanziamento della difesa non potra’ avvenire a scapito di settori fondamentali per i cittadini, quali ad esempio la sanità ei servizi pubblici”) che viene condiviso da tutte le forze politiche che sostengono l’esecutivo.

“Il centrodestra non e’ una caserma ma sarà sempre unito”, ha detto il vicepremier Antonio Tajani ‘sposando’ la proposta del titolare del dicastero di via XX Settembre dei 200 miliardi di investimenti privati ​​senza fare debito. E c’è la visione unitaria che non ci sarà alcun coinvolgimento di militari italiani, nessun esercito europeo ma solo un rafforzamento della sicurezza dei confini. Del resto, la premier potrebbe non partecipare al summit della coalizione dei volenterosi convocato sabato in videoconferenza dal primo ministro britannico Starmer. L’altro comune denominatore è che il nome del piano ‘ReArm Ue ‘ è considerato assolutamente sbagliato, infatti Fdi ha tentato di ‘trasformarlo’ in ‘Defend Ue ‘, ma l’emendamento sul cambio di denominazione è stato votato solo da Ecr e Pd. Ma la Lega punta a mettere dei ‘paletti’, con dei riferimenti pià espliciti riguardo alle nette perplessità sulla proposta di von der Leyen. Che non a caso dai leghisti sottotraccia viene criticata non poco. “I primi cento giorni della Commissione sono fallimentari”, dice un ‘ex lumbard’.

Posizione differente di quella del co-presidente dei Conservatori, Nicola Procaccini di Fratelli d’Italia, secondo il quale sono diversi “da quelli di cinque anni fa”. In realtà, sulla risoluzione sull’Ucraina in Fdi ci si aspettava un atteggiamento maggiormente dialogante. “Questo è il tempo dei ramoscelli d’ulivo, ora la palla è passata alla Russia”, dice un esponente del partito di Giorgia Meloni. La premier sta tessendo la sua tela, oggi a palazzo Chigi ha ricevuto il primo ministro del Regno dei Paesi Bassi, Dick Schoof. Anche Salvini spinge per un cambio di rotta dell’Europa, in modo che eviti il ​​muro contro muro con gli Stati Uniti.

“E’ all’ordine del giorno – ha rilevato – un discorso di tregua, non di pace ma almeno di tregua. Zelensky dice che si può’ arrivare alla pace, Putin dice che si può’ arrivare alla pace. Trump, in maniera educata, non educata, composta o scomposta sta forzando l’avvicinamento alla pace? Certo. E’ un’occasione storica”, ha rilanciato il leader della Lega. “No a 800 miliardi di debito pubblico per comprare armi”, ha affermato.

“Bene lo scorporamento permanente delle spese di Difesa dal patto di stabilità”, sostiene il ministro per gli Affari Ue, Tommaso Foti. “Occorre distinguere tra i bisogni immediati rispetto alla necessita’ di garantire sicurezza e difesa all’Europa, che richiede un ragionamento di lungo periodo riguardo alle effettive necessità”, la premessa di Giorgetti. Che ha poi aggiunto: “Se si fa parte di un’alleanza, e quest’alleanza richiede un impegno del 2%, siamo tenuti seriamente a rispettarlo”.

Nei prossimi giorni si stringerà su un testo unitario in vista di martedì, anche se resta il timore che qualche forza politica possa tentare di calendarizzare al più’ presto una mozione proprio sul tema del riarmo. “E anche da noi potrebbe esserci dei problemi, anche se non come quelli nel centrosinistra…”, preconizza un ministro.

credit foto  Immagini messe a disposizione con licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
La Nuova Padania, quotidiano online del Nord.
Hosting: Stefania Piazzo

Newsletter

Iscriviti alla nostra Newsletter!

Servizio Precedente

Bradisismo Campi Flegrei, la scossa più forte degli ultimi 40 anni

Prossimo Servizio

Lavoratori lombardi, più della metà non supera i 25mila euro lordi

Ultime notizie su GUERRA IN EUROPA

TornaSu