di Giovanni Robusti – Egregio direttore, ho letto il tuo pezzo, sui “padani da tastiera”. Mi stuzzica il riferimento al prima, a ieri. Per uno spunto per il domani quando esponi su come si manifestavano le idee, scrivendo, partecipando, senza i social… E dove il valore della parola scritta faceva la differenza per costruire un progetto politico, sociale e per aggregare.
Ho vissuto la grande stagione del ’68. Ero alle superiori in una città immobile e bigotta come Cremona. Che poi è anche la tua città di origine. Ho maturato quella passione per la politica e anche per il giornalismo dirigendo “La Fionda”, come te! Il giornale studentesco di noi agrari. Poi i casi della vita mi hanno portato altrove sino a che non sono sbattuto contro la Lega di Bossi facendomi contagiare e coinvolgere. Quella esperienza mi porta a delle conclusioni non sempre sovrapponibili alle tue.
Credo che quel periodo, quella storia, quella esperienza, tutta, sia finita e non riproponibile. Manifesti, fogli, analisi scritte e approfondite non pagano più. La verità non ce la costruiamo più studiando ma guardando. Forse nemmeno più leggendo. Guardando lo smartphone. Post, chat, X, etc. Tutto concentrato in poche parole. Non usiamo pià la testa per pensare ma la tastiera dello smartphone.
E’ un periodo di transizione che, non potrà durare a lungo. Purtroppo sarà qualcosa di grave, stravolgente, serio a farci riflettere. Spero non sia troppo grave e troppo serio. Ma sarà una scossa e non breve a farci rinsavire. Il COVID non è bastato. Per fortuna, ma è finito presto.
E con il nuovo non serve a nulla il passato. Se non per studio se non a …. futura memoria. Anche sul piano del federalismo, della secessione. Della Padania.
Guardarsi indietro non porta da nessuna parte e spesso si va a sbattere. La Lega è nata con i pennelli per scrivere sui muri, incollare i manifesti. Cresciuta anche grazie al giornale, alla radio, alla scuola. Ma poi la gente ha iniziato a guardare da un’altra parte.
Lo dico da sempre, l’ho detto in un congresso della Lega di Bossi nel secolo scorso. La Padania avrà vita solo quando l’Europa diventerà una realtà che supera gli stati nazione. Detto brutalmente quando gli Stati saranno smontati. Non è possibile che, a lungo andare, gli attuali Stati europei, soggetti alla legislazione prioritaria, costretti a delegare alle Regioni, possano durare a lungo. E’ una contraddizione. Purtroppo sino a quando avremo la testa china sui nostri cellulari non riusciremo a guardare lontano.
Certo che sentire chi vorrebbe ancora interpretare l’autonomia sbandierando no euro, prima gli italiani, non credo porterà lontano.
Ci vuole tempo, pazienza e tempi lunghi. Nel mentre già parlarne, scrivere, discutere è mantenere una fiammella viva.
Ma non basta. Serve una scossa. Da fuori. Una scossa che porterà la gente a pensare che, da sola, difendere i suoi personali interessi non basta più. Pensare che serve avere una visione comune, alta e libera dagli schemi del passato.
Caro Giovanni, serve appunto tornare a scrivere, non per rimpiangere tempi andati. Per non essere solo fruitori di cellulari e frasi fatte. La Lega non esiste più, e quella epopea politica si è chiusa. Non credo neppure in nuove leghe. Resta da capire chi e come possa interpretare oggi il Nord. Il giornale serve e deve servire soprattutto a questo, ad un confronto sulle idee, trasversali, sui temi irrisolti. Il sistema elettorale, che lo si voglia o no, comprime le piccole forze e al contempo le centrifuga. Se non si prende atto di questo, si resta allo zero virgola. E, soprattutto, se non c’è un franco contenitore, incubatore di idee, sono solo velleità riscaldate, fuori dal mondo. Non c’è bisogno di padani da tastiera, nelle chat. Né che quello che andava bene 30 anni possa essere vincente anche oggi. E’ il contrario. Questo è il senso… Un abbraccio agrario cremonese! Ti saluto in apertura con la foto della facciata del nostro stupendo Palazzo Stanga, che fu sede della nostra scuola.
Il direttore (della “Fionda”)