di Roberto Gremmo – Il sindaco Sala fa uno starnuto e subito parte un’intervista; Il dottor Bernardo sbadiglia annoiato e prontamente gli viene dedicato un intero servizio. A questo punto l’informazione politica della Rai Lombardia è terminata. E si passa allo sport.
Intendiamoci; i giornalisti Rai lombardi sono professionisti seri e capaci ed hanno tutto il diritto di decidere quali informazioni dare e fuori dalla campagna elettorale vera e propria nessuna legge può loro imporre di dar voce proprio a tutti. Ma non è necessario il rituale richiamo al pluralismo o ad una deontologica par condicio per ritenere per lo meno sgradevole ed omissivo che nell’informazione televisiva pubblica i candidati a sindaco di Milano siano soltanto due. Quei due. E gli altri?
Il più danneggiato è ovviamente Paragone, che nelle apparizioni televisive è maestro, come si dice, nel bucare il video e che rappresenta l’unica vera novità di queste elezioni, presentandosi a capo di una coalizione fra i critici dell’euroburocratismo di “Italexit” e gli autonomisti di “Grande Nord” e pare davvero impossibile che il giornalismo dell’ente pubblico non abbia mai niente da dire sulle sue idee. O forse lo scoppiettante e coraggioso Paragone di critiche a Sala ne potrebbe far tante e sarebbe pronto a parlare mezz’ora di inconsistenza politica del pediatra prestato alla politica? Perché non sentirlo? Purtroppo, fatte le debite eccezioni, il giornalismo ufficiale, molto spesso legato ai partiti, ha una profonda, atavica e strutturale avversione per le novità politiche, specie se vogliono dar voce alle più profonde istanze e rivendicazioni della gente del Nord.
Ricordo bene quanto mi accadde nel 1984 quando per le elezioni europee presentammo per la prima volta in Lombardia la lista di “Unione per l’Europa federalista” promossa da Liga Veneta, Union Piemonteisa e Lega Autonomista Lombarda. Per legge, avevamo diritto a partecipare alle tribune elettorali lombarde e vi andammo io che ero capolista circoscrizionale ed il numero due che era Umberto Bossi.
Alla sede Rai trovammo un clima freddo ed ostile ed un funzionario con forte accento meridionale che ci accolse con malcelata avversione. Bossi ed io parlammo chiaramente di autonomia lombarda e di Europa dei popoli e dietro le telecamere aumentò il disagio finché, al termine della registrazione, il suddetto funzionario mi avvertì bruscamente che avrebbe chiesto a Roma di annullare la tribuna perché criticando il centralismo italiano avrei pronunciato delle frasi non ammesse in una tribuna politica della tv di Stato.
Per nostra fortuna prevalse il buon senso e la trasmissione andò regolarmente in onda. Anche se la nostra lista non ebbe alcun eletto, danneggiata dalla concorrenza di quella di Union Valdotaine e del Partito Sardo, il seme autonomista ed indipendentista era gettato. Malgrado l’avversione dei burocrati dell’informazione romanocentrica.
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