AUTONOMIA, OMELIA FUNEBRE – Dicevate “prima gli italiani”? Allora è il momento di cuocere gli spaghetti

6 Dicembre 2024
Lettura 2 min

di Giovanni Polli –  “Esiste una sola nazione così come vi è solamente un popolo italiano, senza che siano in alcun modo configurabili dei “popoli regionali” che siano titolari di una porzione di sovranità”.

Queste parole, a cui gli organi di stampa o di “informazione” non hanno dato il rilievo che si meritano come ha invece fatto La Nuova Padania, sono contenute nella sentenza della Corte costituzionale sulla questione “autonomia differenziata”.

In pratica, rappresentano l’omelia della cerimonia funebre con cui si dà l’estremo saluto non soltanto dell’autonomia, ma ad ogni non più possibile futura richiesta di riequilibrio dei poteri dal centro verso la periferia.

È il funerale dell’essenza stessa dello spirito della storica Lega Autonomista Lombarda nonché della Liga Veneta e di Union Piemontèisa e di Piemont Autonomista e degli altri movimenti che costituirono la Lega Nord.

Non esistono più i suoi presupposti e la sua impostazione originale, nata nell’alveo dell’autonomismo storico dei popoli europei nei confronti dei rispettivi Stati.

Quello che l’Italia – tramite la Consulta – ha ribadito e messo per sempre nero su bianco, è che il “popolo italiano” è uno solo. Dal punto di vista del nazionalismo italico, è stata una mossa formidabile e vincente.

Perché quando è ben chiaro e stabilito che non vi possono essere popoli o nazioni differenti racchiusi e rinchiusi in uno Stato che da un punto di vista etno-culturale è altra cosa, nessuna autonomia è possibile. L’autonomia ha senso solo in presenza di differenze linguistiche ed etnoculturali. Altrimenti non può avere significato.

L’hanno dimenticato quasi tutti, ma il concetto stesso di “autonomia differenziata” nasceva sulla scorta dell’esperienza spagnola, dove ad alcune “regioni” era concesso addirittura dichiararsi “nazioni” nei rispettivi Statuti. Come in Galizia, Euskadi, Catalunya, che hanno come prima cosa statuito il bilinguismo integrale delle rispettive lingue a fianco del castigliano.

La riprova del crollo delle fondamenta del concetto stesso di autonomia è arrivata proprio dalla Consulta, che ha centrato in pieno l’obiettivo: non essendoci popoli differenti, nessuno può avere titolo per chiedere quell’autonomia particolare che, ad esempio, la Costituzione garantì ai Siciliani perché, di concerto con le truppe alleate già sbarcate, deponessero le armi della loro guerra di indipendenza dell’Evis alla fine del secondo conflitto mondiale.

Ai sardi fu riconosciuta in virtù di un’insularità comunque vista come innocua per lo Stato italiano, ai friulani per la questione geopolitica legata all’essere regione cardine con il blocco dell’Est, alla Val d’Aosta e al Trentino – Sudtirol perché l’Italia soccombente alla guerra fu costretta dai trattati internazionali. E adesso rien ne va plus.

Preso atto di questo, non esistendo un popolo veneto, non esistendo un popolo piemontese, un popolo lombardo, calpestando pure gli Statuti regionali dove se ne fa cenno, dopo l’omelia funebre l’Italia pone la pietra tombale su oltre quarant’anni di Storia del movimento leghista. 

L’attuale Lega Salvini Premier, va sempre ricordato, è però organismo diverso e distinto dalla “congelata” Lega Nord per l’Indipendenza della Padania. Chiusa a chiave, commissariata e incaricata per i prossimi ottant’anni di un solo compito: pagare allo Stato italiano le rate della discutibilissima sentenza sui 49 milioni di finanziamento pubblico da restituire.

La Lega Salvini Premier, il cui motto è “prima gli italiani” e nei cui manifesti non mancano mai i tre colori della bandiera italiana, si ribadisce l’intenzione di “difendere l’Italia” e, sul piano internazionale stipula alleanze con gli omologhi ultranazionalisti francesi e spagnoli, sarà quindi felice della sentenza della Corte costituzionale italiana.

Siamo tutti italiani, no? Siamo quindi tutti uguali, da Nord a Sud, non esistono “popoli regionali”.  Qualcuno, da Via Bellerio, dovrebbe ora finalmente rompere il velo dell’ipocrisia e dire chiaro e tondo: signori, abbiamo scherzato. È ora di scolare gli spaghetti al dente e di cantare Toto Cutugno. È giusto così.

credit foto mandy-bourke-Htb3Neu9Tmg-unsplash

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