Banche e acquisizioni. Perché non copiare dal modello tedesco dei Lander, con gli istituti controllati dalla garanzia pubblica?

26 Novembre 2024
Lettura 2 min

di Gigi Cabrino – Il sistema bancario italiano è rimasto saldamente sotto il controllo pubblico fino ai primi anni ’90 del secolo scorso, dalle poche banche di interesse nazionale alle tante banche locali, alcune delle quali hanno raggiunto dimensioni ed importanza economica di tutto riguardo.


A titolo di esempio pensiamo all’importanza delle banche pubbliche di interesse nazionale quali la vecchia Comit e il vecchio Credit o alle banche piemontesi storiche, la Cassa di Risparmio di Torino, il San Paolo, la Popolare di Novara e tante altre, tutte sotto il controllo del Tesoro o degli enti locali di riferimento.


Con la fine della prima repubblica, al grido di “politici corrotti” e “privato è meglio che pubblico” banche solide al servizio dello stato e dei territori, di famiglie ed imprese sono state “messe sul mercato”, espressione opaca per nascondere il regalo fatto ai peggiori predatori e speculatori privati; in poche parole il frutto della sapienza e dell’esperienza di decenni tanto di dirigenti ministeriali quanto di amministratori locali che hanno riscosso la fiducia di famiglie ed imprese è stato regalato a speculatori finanziari senza scrupoli.


Entrate per lo Stato prossime allo zero, qualcosa di simile si riscontra forse nell’appropriazione da parte di oligarchi di interi settori economici dell’Unione Sovietica quando questa è implosa.
Sono seguite fusioni ed accorpamenti tra istituti bancari, sempre corredate da riduzioni di personale e di stock option miliardarie per gli amministratori, per arrivare alla situazione attuale; i primi due gruppi bancari italiani, nati dalla fusione di banche nazionali e locali un tempo pubbliche, sono controllati di fatto dal fondo statunitense BalckRock rispettivamente col 5% e col 7% di partecipazione.

Altri gruppi bancari, non delle dimensioni di questi due giganti, sono comunque il risultato di accorpamenti tra banche un tempo pubbliche e oggi “sul mercato”, vale a dire acquisite con spregiudicatezza.


Spesso la Germania viene citata ad esempio, forse dovremmo seguire la via tedesca in materia bancaria.
Le banche nazionali e le banche locali dei Lander restano saldamente sotto il controllo pubblico e, incuranti dei regolamenti europei, svolgono con la Bundesbank un importante ruolo di riequilibrio del debito pubblico acquistando a piene mani titoli di stato inopinati alle aste cancellando di fatto queste quote di debito; una riedizione in salsa tedesca del regime di “matrimonio” tra Bankitalia e Tesoro, sostenuto dal sistema bancario italiano e rimasto in vigore fino al 1981, guarda caso proprio fino a quando il debito pubblico italiano è rimasto sotto controllo.


Con uno sforzo di fantasia, di quella fantasia di cui la politica dovrebbe essere capace, possiamo pensare cosa accadrebbe se il sistema bancario italiano tornasse sotto il controllo pubblico e agisse di concerto con Bankitalia sul controllo del debito, né più né meno di quanto in Germania avviene con Bundesbank, le banche nazionali e le casse locali.


Le banche tornerebbero al popolo che le ha volute e fatte nascere – in particolare quelle territoriali potrebbero tornare a svolgere il ruolo di sostegno all’economia locale – e il debito sovrano rientrerebbe nei ranghi venendo “mangiato” da banche ritornate nell’ambito pubblico.


Soprattutto i predatori finanziari rapaci verrebbero estromessi dal controllo dei risparmi delle famiglie e dei finanziamenti alle imprese.
Basterebbe fare, almeno in questo ambito, come la Germania che agisce in tal modo incurante del fatto che queste pratiche non sono permesse dai trattati europei.


Banche sotto il controllo del Tesoro e degli enti territoriali di riferimento al servizio di famiglie, imprese e territori, proprio quei territori in cui, in nome esclusivamente del profitto, vengono chiusi gli sportelli.
Debito pubblico che rientra nei ranghi. E molto altro. Per una volta facciamo come la Germania?

Gigi Cabrino nato a Casale Monferrato (AL) nel 1977, laureato in economia aziendale, in Teologia e specializzato in servizi socio sanitari, padre di quattro figli. Consigliere comunale a Villanova Monferrato per due mandati a cavallo del secolo scorso e a San Giorgio Monferrato dal 2019. Lavoro nella scuola pubblica da alcuni anni come insegnante prima e tra il personale non docente poi. Atleta di fondo e mezzofondo da sempre.

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