di Roberto Pisani – Sicuramente gli ultimi anni si ricorderanno, politicamente parlando, come quelli contrassegnati del cosiddetto “populismo” che, se declinato nel modo corretto, ossia la volontà di dare voce al popolo, non sarebbe nemmeno un termine negativo. Purtroppo, come troppo spesso accade in Italia, anche questo è stato interpretato nella sua accezione più negativa, quella di dar voce alla pancia della gente che non sempre è direttamente collegata al cuore e al cervello. E la politica, almeno parte di essa, si è fatta trovare pronta ed ha sfruttato questa fase per ottenere consensi. Peccato però che per seguire i malumori della gente si smentisce oggi quello che si è detto ieri, perché si sa che le pance di ognuno di noi non sono uguali tutti i giorni e se si corre dietro ai malumori intestinali giornalieri si rischia di finire nel cesso, anche in senso metaforico oltre che fisico.
E allora si scopre che non è poi così facile aprire il Parlamento con un apriscatole come si fa con una scatoletta di tonno, oppure che la battaglia sulle armi per tutti per legittima difesa non vale per tutte le stagioni, specie in tempo di guerra. E ancora magari che l’uscita dall’euro e dall’Europa forse in epoca di PNNR è un argomento che non vale troppo la pena sbandierare.
Però si sa: Fin che ghè n’è, viva Noè, quan ghè n’è piö, crèpe ‘l-àsen e chél che gh’è sö. Detto sempre attuale quando si parla di consensi politici.
E quindi è chiaro che qualcosa doveva succede dopo la tornata elettorale che vede come grandi sconfitti i due partiti che hanno fatto del populismo il loro credo, il M5S e la Lega.
E allora ecco che partono le rese dei conti. Ma mentre l’ex capo politico, nonché ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, nemico giurato, politicamente parlando, di quel Giuseppe Conte, ex premier che ha preso il suo posto alla guida del MoVimento, organizza i suoi fedelissimi per la costituzione di un nuovo gruppo parlamentare, la Lega cosa fa? Niente. O meglio: alcuni “dissidenti” organizzano sul territorio riunioni semi carbonare per testimoniare il loro malumore nei confronti dell’abbandono delle vecchie battaglie politiche quali il federalismo, l’autonomia ecc.. E qualcuno si riscopre addirittura secessionista, però sempre dall’interno del partito centralista e ultranazionalista.
Ma perché non uscirne se non se ne condivide la linea politica? Perché, se si vuole condurre una battaglia dall’interno (?) non raccogliere le firme per chiedere un congresso politico ed elettivo? Perché non formare un nuovo gruppo parlamentare e consiliare nelle regioni?
Che dire? Chapeu al tanto sbeffeggiato Giggino Di Maio che ha dimostrato molto più coraggio di tanti “politici poltronari” che di tutto fanno fuorché ciapà la vaca pri ball come si usa dire dalle mie parti.
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