di Roberto Gremmo – Finalmente qualcuno se ne e’ accorto: il “Bando Borghi” previsto dal famoso “Piano di Resinienza” che distribuisce milioni di euro in pochi paesi montani poveri e isolati e’ una pensata da cittadini e non aiuta in nessun modo le popolazioni delle terre alte a riconquistare una vita in equilibrio con la natura e coerente con la tradizionale cultura di rispetto della montagna e di difesa della propria identità.
Quello che scrivono sul “Fatto quotidiano” Leonardo Bison e Marco Grasso mi trova perfettamente d’accordo: “i progetti di riqualificazione sono un buco nero”, calato dall’alto come un grazioso cadeau dello Stato benefattore.
Grazie ad un bando di gara molto opinabile, il Ministero della Cultura ha infatti scelto di omaggiare con una mole enorme di danaro alcuni “Borghi straordinari che torneranno a vivere” foraggiati generosamente per realizzare quelli che vengono pomposamente definiti “progetti ambiziosi che daranno nuove vocazioni a luoghi meravigliosi”.
L’intento sembrerebbe encomiabile se non fosse che finisce per privilegiare solo poche isole felici, il piano lo fa in un contesto dove malgrado le chiacchiere, le valli sono state colonizzate, cementificate, comprate da speculatori, private dello spirito solidaristico comunitario che ha permesso per secoli la “resistenza” montanara alla fame, alla natura ostile ed alla voglia di abbandonare per sempre una vita grama.
Per di più, la mancia generosa viene elargita per progetti che poco o nulla possono aiutare la gente del posto, la poca rimasta, a “viure e travaillar al pais”.
Il caso di Elva, paese provenzale della val Maira e’ emblematico.
Non ha neppure la vecchia strada del vallone, gli abitanti, lassù gli ultimi, sono sempre meno, la lingua dei “troubaire”, preziosa risorsa gloriosa, si usa sempre meno; e invece di aprire scuole con maestri insegnino cultura locale, lo scellerato “piano Borghi”, accanto a qualche opera davvero utile, prevede un museo d’un pittore fiammingo che interesserà i turisti della domenica, foresterie per studenti paracadutati da chissà dove propensi a guardare con sufficienza i pochi vecchi che si ostinano a tirar fuori un po’ di fieno dalle rive scoscese e, udite udite, un… osservatorio astronomico.
Ha perfettamente ragione un amministratore della val Po a sfogarsi con Grasso definendo questi progetti dei “parchi giochi” frutto d’una visione tutta intellettualistica e senza radici territoriali d’una classe politica che non ha mai capito nulla delle vere esigenze dei resistenti delle Alpi, che non hanno bisogno di intrusioni cervellotiche ma di essere aiutati a vivere “a nostro modo”. Non come vogliono gli esperti che nei comodi uffici cittadini decidono contro di loro.