di Stefania Piazzo – Mi scrive un caro amico padano di fine cultura politica, mentre manifesto perplessità sul recupero dei consensi della Lega rispolverando la parolina magica Nord dopo oltre un decennio di oblio: “…Però gliele hanno cantate…”, mi dice sempre l’amico, “E il suo uomo non è stato capace nemmeno di raccogliere le firme” per insidiare la candidatura di Massimiliano Romeo. Vero, ma ci sono un po’ di domande che la speranza di una fine del salvinismo devono prendere in considerazione.
Da dove vuole ripartire, la Lega? Da una pax?
La Lega parte da questa cartina geografica del consenso.
Forte di questa supremazia, Fratelli d’Italia si vuole giocare la candidatura in Veneto alle prossime imminenti regionali di un proprio candidato. Ma non solo, come poi vedremo.
E’ la Meloni, al momento, che gliele canta, a Salvini. E nonostante si inizi a sentire la voce del dissenso leghista, che si fa coraggio dopo che il salvinismo perde colpi a manetta, e perde ad ogni tornata elettorale contatto con il mondo reale del Nord, osservare la cartina del centro sud aiuta a capire altro.
“Guarda”, mi scrive anche l’amico Cuore verde, “guarda Giorgia dove punta… Al Nord”. La cartina parlante dell’altra metà d’Italia in effetti dice che Meloni di pensare di più al Nord “può permetterselo perché tanto il Sud è nelle mani del “campo largo” e i voti dei 5stelle che nel 2022 aveva vinto appunto al Sud grazie al reddito di cittadinanza andranno e torneranno in buona parte al Pd…”. Cuore verde lancia lo spunto e noi guardiamo una cartina che porta i colori del centrosinistra al Sud. Lo statalismo impera, assieme all’assistenzialismo.
E infatti cosa afferma Meloni? Da Atreju ci ricorda che il presidente argentino Milei “odia i sussidi come noi”. Musica per le orecchie dei settentrionali, quelli di cui sopra alla prima cartina geoelettorale.
Al congresso della Lega Lombarda hanno affermato che “Ci vuole la Lega delle comunità e dei militanti, non delle personalità”. Eppure hanno spostato la comunicazione da un giornale ai social. E le sezioni dalle sedi a Instagram o Tik Tok. Il presidente della Lombardia Attilio Fontana afferma che “Se continuiamo a dire che va tutto bene, nascondiamo qualcosa. Il problema del Nord sarà sempre più presente. I nemici sono fuori dalla Lega? Beh qualcuno è anche dentro. Quando vedo certi emendamenti, m’incazzo come una bestia”.
E Salvini replica: “La Lega nazionale è la scelta giusta, io non torno indietro. La cosa che ci danneggia di più è il rumore da dentro”. Arriva infine Giorgetti: “Ci servono due cose: un capo che va rispettato e di essere una comunità. O vincono gli altri”. Rispetto per gli statuti, i simboli, i programmi o cosa?
Intanto Meloni fa passare questo concetto.
Fratelli d’Italia, dati alla mano, può sventolare numeri per dire che grazie al governo Meloni il Sud sta diventando locomotiva d’Italia (ma ce ne vuole…), poi afferra e sposa la politica di Milei per parlare ai ceti produttivi che aspettano meno tasse, mani più libere per chi fa impresa e taglio delle unghie alla burocrazia pubblica.
Per ora abbiamo sentito solo voci lombarde del dissenso salviniano. Quelle venete, piemontesi, liguri, emiliane, friulane, dove sono per poter dire che un certo orgoglio riemerge e cambia le carte?
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