L’illusorio ritorno alle origini. Difficile ripartire, perché siamo tornati all’Anno zero dell’autonomismo

30 Dicembre 2024
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di Cuore verde –  Il concetto di “ritorno alle origini” appare complesso e contraddittorio, soprattutto in un contesto di rapidi cambiamenti politici e culturali. Mentre la nostalgia per un passato idealizzato può alimentare movimenti nazionalisti, il mio scetticismo riguardo alla possibilità del ritorno di un forte consenso “nordista” è giustificato dalla mancanza di condizioni favorevoli.

La situazione attuale, con le sue tensioni geopolitiche, come quelle legate alla guerra in Ucraina, e le nuove dinamiche della politica sociale, con particolare riguardo alle prospettive future del sistema sanitario e pensionistico, sembra inadeguata per la rinascita di un partito come la “Lega delle origini” evidenziando che le origini che alcuni cercano di richiamare sono ora lontane e distorte dai bisogni contemporanei. 

Il punto cruciale per il futuro del movimento autonomista: la necessità di un impegno culturale e intellettuale profondo e sostenuto, piuttosto che una mera e sporadica campagna elettorale. Un grande movimento culturale che coinvolga varie espressioni artistiche ed intellettuali potrebbe contribuire a plasmare una coscienza collettiva e a generare un’emozione condivisa, essenziale per attrarre una base più ampia.

La creazione di “think tank” autonomisti, mirati a formare una classe dirigente consapevole della specificità padana, è fondamentale, specialmente in un contesto dove l’oggettiva “meridionalizzazione” della pubblica amministrazione ha messo in luce la necessità di una strategia ben definita che risponda alle peculiarità e alle aspirazioni del Nord. 

Il superamento del modello di partito nordista “ecumemico” evidenzia poi la necessità di un approccio più articolato e realistico rispetto alla complessità della politica e della società. Un progetto di riforma federalista richiede una comprensione approfondita delle dinamiche storiche e culturali che hanno caratterizzato il centralismo italiano.

È fondamentale liberarsi da stereotipi e luoghi comuni che spesso distorcono la discussione, promuovendo invece una visione coerente e lungimirante per il futuro. Il percorso verso una maggiore autonomia dovrebbe essere affrontato in modo graduale e strategico, assecondando le esigenze locali e lavorando per un riconoscimento autentico delle specificità regionali nel contesto di una riforma complessiva che tenga conto delle diverse realtà etnoculturali partendo dalla constatazione che esistono almeno due “Padanie”.

La realtà odierna è innegabile: il progetto politico della Padania ha subito un significativo smantellamento e una perdita di identità nel corso degli anni. Sebbene Umberto Bossi abbia inizialmente sollevato l’idea di federalismo e di autonomia, le alleanze strategiche con il potere centrale hanno ridotto l’originalità della proposta padanista, portando ad una deriva nazionalista che ha minato la coesione degli autonomisti.

Concentrando il dibattito pubblico su questioni economiche specifiche, come i residui fiscali, si e’ distolta l’attenzione dall’obiettivo fondamentale di una riforma federale che potesse consolidare una vera rappresentanza delle istanze settentrionali. Bisognerebbe ripensare il discorso sull’autonomia in termini di visione e progettualità, ponendo al centro la riforma federale come strumento principale per recuperare una dimensione politica e culturale. 

La proclamata “secessione” del 15 settembre 1996, pur avendo un forte valore simbolico, si è rivelata controproducente per la causa federalista, generando una reazione negativa sia nel contesto politico che culturale. Questo gesto ha infatti innescato un rafforzamento dell’unità centralista, con i partiti “patrioti” italiani che hanno capitalizzato sulle divisioni, portando paradossalmente alla coesione elettorale di un’area territoriale come la Padania sotto la loro egida.

La reazione contraria evidenzia quanto possa essere controproducente adottare posizioni estremiste, allontanando l’attenzione dalla necessaria ricerca di un dialogo costruttivo volto all’effettiva attuazione di riforme federali. 

Per tornare al momento attuale, la mancanza di una reazione forte e articolata nei confronti della recente sentenza che, oltre ad aver smantellato la legge dell’autonomia differenziata, ha negato l’esistenza dei ‘popoli regionali’ e l’autonomia delle loro aspirazioni è davvero inquietante. Questo silenzio assordante evidenzia non solo una sopita prospettiva federalista ma anche un’incapacità di mobilitarsi contro affermazioni che minano la diversità e le specificità regionali.   

Partendo dal presupposto che, purtroppo, siamo tornati all’anno zero del padanismo, ritengo che sia fondamentale avviare un dibattito attivo e sviluppare una strategia chiara per riaffermare l’importanza dell’autonomia, rispettando e valorizzando le identità locali in un contesto di cooperazione e coesione sociale, piuttosto che rifugiarsi in nostalgici richiami al passato ed isolarsi in una visione monolitica della società. 

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
La Nuova Padania, quotidiano online del Nord.
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