Giuseppe Longhin, storico esponente della Lega nella provincia di Varese, ha deciso di rompere il silenzio. Nonostante attualmente non ricopra incarichi ufficiali, il suo nome pesa come un macigno nel panorama politico locale. Le sue radici politiche affondano nel 1987, anno in cui iniziò la sua militanza nella Lega Nord.
Nel corso degli anni, ha ricoperto numerosi ruoli, tra cui segretario di sezione e di circoscrizione, responsabile degli enti locali e organizzativo nel direttivo provinciale, responsabile provinciale della campagna elettorale “Maroni 2013” oltre ad essere stato capogruppo in Consiglio Provinciale e presidente della commissione Statuto e Controllo per 4 anni.
Da militante ancora tesserato nella Lega Salvini Premier (LSP), Longhin è stato referente provinciale del Comitato Nord, una corrente interna nata con l’obiettivo di riportare l’attenzione sulle questioni settentrionali. Oggi, questo comitato è confluito in un’associazione esterna alla LSP, denominata “Patto per il Nord”.
Longhin, il presidente Fontana ha dichiarato che i problemi del Nord sono sempre più evidenti e ha accusato persino alcuni leghisti di essere “nemici interni”. Come si inserisce il Patto per il Nord in questo contesto?
“Fontana ha ragione: il Nord non può continuare a tirare la baracca per poi essere penalizzato Le parole di Fontana non fanno altro che confermare quello che molti militanti denunciano da tempo. La Lega Salvini Premier ha scelto una linea centralista, dimenticando le vere battaglie per il Nord. È paradossale che un presidente di Regione debba combattere contro “nemici interni” nel suo stesso partito per difendere gli interessi della Lombardia. Il Patto per il Nord nasce proprio per dare una voce chiara e senza compromessi a chi crede nell’autonomia e nella forza del Nord”.
Parliamo della leadership della LSP: crede che sia possibile un cambio di rotta, oppure il Nord resterà marginale nelle scelte del partito?
“C’è chiaramente un problema di visione politica. Finché il Nord sarà un tema secondario, si continueranno a perdere consensi nei territori storici. Cambiare si può, ma ci vuole coraggio. Servirebbe una nuova stagione politica, una guida che riporti il Nord al centro delle argomentazioni. Per ora, però, vedo solo calcoli elettorali e poco altro. La leadership attuale ha scelto una strategia nazionale che ha portato vantaggi elettorali momentanei, ma che ha sradicato il partito dal suo territorio. Un’inversione di rotta sarebbe possibile, ma servirebbe coraggio politico e la volontà di tornare alle radici. Questo coraggio, oggi, non lo vedo e anzi vengono espulsi quelli che parlano di questione settentrionale”.
Lei è stato responsabile provinciale del Comitato Nord, una struttura che sembrava voler riportare queste tematiche all’interno della LSP. Ora, però, il Comitato sembra essersi trasformato in una realtà esterna alla Lega con il “Patto per il Nord”. Cosa è andato storto?
“Il Comitato Nord era nato per ridare voce a chi chiedeva una Lega più Nordista, per tornare alle battaglie storiche, un tentativo interno di risvegliare certi valori, ma è stato ignorato e ostacolato. Il Patto per il Nord nasce proprio per rispondere a un vuoto. Non è una contrapposizione, ma una necessità: il Nord non può più aspettare. Se la LSP non vuole più occuparsi di autonomia e federalismo, qualcun altro deve farlo. Ora, con il Patto per il Nord, associazione esterna alla LSP, queste istanze trovano una nuova casa. È un’associazione che rappresenta quello che la Lega non vuole più rappresentare. Non è uno sradicamento, ma una continuazione di un percorso politico che il Nord merita”.
Lei pensa che il Patto per il Nord possa diventare una forza politica autonoma, magari in contrapposizione alla LSP?
“Non è questo il punto. Il Patto per il Nord non nasce per fare concorrenza alla Lega Salvini Premier, ma per rispondere ad un vuoto politico. Se la Lega tornasse davvero a occuparsi del Nord, probabilmente non ci sarebbe bisogno di un Patto per il Nord. Ma oggi, qualcuno deve alzare la voce per difendere le ragioni di chi produce, lavora e vive in questa parte del Paese. Non escludo nulla, ma non è questa la priorità. Il Patto vuole costruire un movimento forte, trasversale e radicato sul territorio. Non è una questione di sigle, ma di valori. Oggi c’è chi pensa più a Roma che a Varese o a Bergamo”.
In che modo il Patto per il Nord intende farsi sentire nei prossimi mesi? Ci saranno iniziative anche nella provincia di Varese?
“Questo è da chiedere alla referente provinciale Lisa Molteni, io al momento non ho incarichi ufficiali ma, come detto, mi sento vicino a questo progetto. Quello che posso dire è che il Patto per il Nord vuole lavorare a stretto contatto con i cittadini, con le imprese e con gli amministratori locali per costruire proposte concrete. Non sarà solo una voce di protesta, ma una forza propositiva, che punta a risultati reali per il nostro territorio”.
Lei è un militante storico. Si sente ancora parte della LSP, o pensa che il legame sia ormai compromesso?
“Io sono sempre stato e resto leghista, ma il mio legame non è con un simbolo o una leadership o peggio ancora, come purtroppo molti militanti, a consigli di amministrazione o incarichi. I miei riferimenti sono i valori e le persone del Nord. Se questi valori vengono dimenticati, allora sì, mi sentirò sempre più distante. Ma sono convinto che molti, anche dentro la LSP, la pensino come me. Forse manca il coraggio di ammetterlo a se stessi”.
Un’ultima domanda. Se potesse parlare oggi con Umberto Bossi, cosa gli direbbe?
“Gli direi che il suo sogno è ancora vivo, anche se molti lo hanno tradito. Gli direi che c’è ancora chi crede che il Nord possa tornare ad essere politicamente protagonista e che, come dice lui, bisogna continuare a “lottare senza paura”.