di Raffale Piccoli – La recente scomparsa di Silvio Berlusconi ha suscitato innumerevoli commenti oltre ad altrettanto numerose affermazioni di insostituibilità circa la guida futura di Forza Italia. Sull’argomento tutto ormai è stato scritto e detto. Non ritengo interessante e proficuo aggiungere altro.
Penso che sia quantomeno opportuno ricordare quanto accaduto tra la fine del 1993 e l’inizio del 1994. Questo periodo è stato fondamentale per la storia della Lega, e per gli eventi politici successivi.
Due sono stati gli eventi culminanti. Il Forum di Assago del dicembre 1993 e la discesa in campo del cavaliere nel gennaio successivo. Il professor Miglio presentò nel consesso di Assago la sua proposta di modifica della Costituzione italiana, che da centralista regionalista avrebbe dovuto divenire confederale, basata sulla collaborazione tra Cantoni (macroregioni) province e regioni autonome.
La forza elettorale, politica e culturale, della Lega nelle regioni del Nord in quegli anni era formidabile, la ” gabina ” bossiana ad ogni elezione regalava risultati impensabili, il crollo del pentapartito dalla Democrazia Cristiana, ai socialisti Craxiani, agli stessi Comunisti sotto la spinta di tangentopoli, apriva spazi impensabili. Un tornante della storia.
Ma il sistema non voleva e non poteva accettare, pena la sua stessa sopravvivenza, la rivoluzione autonomista in divenire. La reazione fu l’unica possibile, la nascita di Forza Italia e l’ingresso in politica del Cavaliere. Con la vittoria alle elezioni del 27 e 28 marzo 1994 il quadro politico venne stabilizzato, e il pericolo allontanato.
Incredibilmente la Lega stessa, forse incapace di comprendere in maniera compiuta, quanto stava accadendo contribuì a stabilizzare il sistema con un’alleanza innaturale, con Forza Italia e con l’allora Movimento Sociale. Alleanza che avrebbe portato negli anni successivi gravi conseguenze politiche al movimento e alla sua autenticità.
La stampa di regime non ha mai voluto prendere in considerazione questo aspetto, addirittura la dirigenza politica e lo stesso Bossi si guardarono bene dall’affrontare e dal rendere pubblici questi timori. Il Polo delle Libertà (Centro Destra del Nord) e la legge elettorale maggioritaria premiarono formalmente, ma solo formalmente la Lega.
Quello che accadde dopo lo conosciamo. Il primo governo Berlusconi durò otto mesi, il federalismo venne abbozzato e mai presentato, iniziò la compravendita di deputati leghisti e Bossi fu costretto a mollare.
Perchè questa riedizione di una stagione politica, e di fatti ormai lontanissimi? Una sola ed unica risposta. Con il primo governo Berlusconi è morta per sempre la possibilità di costruire in Italia un vero assetto federale, di scardinare cioè il gioco destra sinistra, vero nemico del federalismo e di ogni forma di autonomismo.
La storia offre ai popoli, agli stati, alle società dei momenti delle occasioni, delle opportunità che devono essere riconosciute e colte. I primi anni novanta furono per i Popoli Padano Alpini, un momento di grandi opportunità che purtroppo non fu compreso appieno nella sua portata epocale.
Il divenire successivo della Lega, fu soltanto una serie di contorcimenti, di linee politiche a volte contrastanti, spesso incomprensibili, talora opportunistiche, mai efficaci.
L’esempio eclatante fu la dichiarazione di indipendenza della Padania con la marcia sul Po del 15 settembre 1996, evento irripetibile quanto a partecipazione e convinzione popolare, ma totalmente inutile ai fini pratici.
A distanza di 30 anni, le conseguenze di quegli errori sono sotto gli occhi di tutti.
La Lega è diventata un movimento svilito e destroide privo di ideali e di linea politica che non ricorda neppure i motivi per cui è nato e il significato del termine ” Padania”.
Il centralismo romano, più forte che mai, vittorioso su tutti i fronti è guidato da un partito che ha nel suo dna la Patria e la Nazione italica. L’opposizione refrattaria a qualsiasi forma di autonomismo anche modesto rincorre il consenso con il reddito di cittadinanza e le manifestazioni Lgbt.
Questa è l’Italia del 2023.
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