di Cuore Verde – Roberto Calderoli, ministro per gli affari regionali e le autonomie, annuncia l’approvazione a breve dell’autonomia. Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, frena immediatamente l’iniziativa subordinandola alla riforma presidenzialista.
I “governatori” del Sud protestano perché l’autonomia aumenterebbe il divario tra Nord e Sud. Annunci, frenate e proteste. Si tratta ormai di uno schema comunicativo consolidato che i leader politici inviano alle loro basi elettorali. Uno schema, ovviamente, a somma zero. Nessun reale risultato.
E’ chiaro che a Roma nessuno ha realmente intenzione di creare crepe, seppur minime, nel muro del sistema centralistico politico italiano. Crepe che potrebbero dilatarsi con richieste di ben altra portata come quella della costituzione di veri e propri “stati-regioni” e “città-stato” sul modello federale tedesco che poi si potrebbero confederare tra loro in “macro-regioni”.
La cosiddetta autonomia appare una blanda proposta rispetto all’adozione di un vero e proprio modello federale. Eppure, la sola parola sembra indigeribile per i “centralisti”.
Per contrastare la proposta, si introduce quindi il principio di natura quasi moralistica e filosofica dei LEP (Livello Essenziale nelle Prestazioni). Il principio, ancorché condivisibile, è praticamente irrealizzabile. Non si può mutare la realtà sociale, economica e culturale per decreto sulla base di “indicatori” statistici. Per quale motivo la cosiddetta autonomia dovrebbe garantire una eguaglianza economica e sociale tra Nord e Sud dal momento che il principio dei LEP, allo stato attuale, è già ampiamento disatteso?
E’ evidente che invece non si vuole concedere nemmeno uno spiraglio di autonomia perché si teme possa essere propedeutico a procedure più rafforzate di indipendenza politica, sociale e culturale. Purtroppo, il Nord non dispone in questo momento di una sua forte rappresentanza politica e, nel frainteso gioco della logica di contrapposizione del potere romano, si è affidato all’unico partito che, con coerenza, è sempre stato formalmente all’opposizione. Un partito, tuttavia, con una forte visione centralista. Sinceramente non capisco che cosa dovrebbe farsene la Padania del “presidenzialismo”. Milano, Genova, Venezia, Torino e Bologna non sono in grado di governarsi come le grandi città europee?
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