Padani da tastiera, come tutti gli altri. Chiacchieroni nelle chat, disinformati nella vita e nella politica. E si vede.

22 Ottobre 2024
Lettura 2 min

di Stefania Piazzo – C’è una questione di fondo che sta alla base della vita politica. L’informazione. Non c’è battaglia sociale, non c’è terreno di conquista che non abbia la necessità di far sapere che un progetto esiste e che per arrivare ad un obiettivo, occorre condividerne contenuti, progetti.

Ai tempi delle manifestazioni studentesche, che ho avuto la fortuna di vivere in modo costruttivo, la differenza la faceva prendere al volo quei volantini ciclostilati che riportavano un simbolo, un’idea, un progetto. Erano pane e nutrimento per aggregare l’energia e convogliarla in un movimento di opinione. Erano manifesti di vita.

La mia prima esperienza fu dirigere il giornale d’istituto. Migliaia di ragazzi si identificavano dentro l’inchiostro e ci si sentiva comunità. A distanza di anni, chi si ricordò di quella mia passione, mi chiese di scrivere per un settimanale locale dell’attività di formazione di un movimento politico giovanile. Le scuole di formazione politica erano il primo livello di accesso a qualsiasi tipo di percorso ed erano accompagnate da chi divulgava.

Questa attività di “scriba” l’ho poi perfezionata a tutti gli ambiti della mia città. La giudiziaria, la nera, la bianca, i consigli provinciali, quelli comunali anche in culo ai lupi. Piano piano arrivarono le collaborazioni con i quotidiani, il praticantato, l’esame di Stato, e tutto il resto.

Quando non esisteva la rete, l’inviato del giornale era il tuo cannocchiale sul mondo. Lo è anche oggi, a dire il vero, perché offre un pezzo di verità e ti fa ragionare sugli scenari possibili della vita civile.

Quando mi proposero di scrivere per la Lega, nei primissimi anni ’90, era perché i giornalisti si vergognavano di lavorare per Umberto Bossi. Alle chiamate, si rifiutavano. Scrivere di Lega in testate autorevoli faceva figo. Scrivere “per la Lega” era degradante. A me invece parve un’opportunità straordinaria per capire, studiare, lavorare dentro una grande macchina di cambiamento nella storia del Paese.

Racconto quest’area politica, tra ortodossi e meno ortodossi, da 32 anni. Ho scritto su tutte le testate possibili della Lega, poi dirette, e quelle di area federalista le dirigo ancora. Eppure, nonostante la fatica, lo sforzo di creare uno spazio libero come la Nuova Padania, non suscita da parte del mondo che si dichiara federalista, autonomista, la voglia di scrivere una riga. Di usare un giornale come strumento per fare politica. A parte alcuni collaboratori che producono fini e articolate letture politiche e prepolitiche. Basiti e rassegnati spesso di non ricevere feedback. Come quando bussi e non c’è nessuno in casa. I cervelli hanno lasciato i corpi. Sono rimasti solo i corpi, troppo sovente.

La politica di chi fa politica si è spostata nelle chat. Lì leggi l’inverosimile. Tutto. I commenti, le analisi (più o meno), le valutazioni… Il resto si dirotta sui social. Giusto, perché sono un grande strumento di divulgazione e per raggiungere la gente sono straordinari. Ma sono sabbia su cui si scrive. Un’ora dopo, non resta più nulla.

Ed ecco un aneddoto padano. E’ stato distribuito un giornale che è stato “recuperato” mesi fa dalle ceneri di una vecchia storica testata. Ed è stato distribuito al lancio di una nuova associazione, a Vimercate, di recente.

L’editore, io e il grafico della tipografia, lo abbiamo infornato e fatto pane. Leggo poi sui social che viene annunciata anche una imminente edizione di questo foglio. Perbacco, dovrei saperlo forse io prima di altri, visto che lo scrivo e impagino. E allora chiedo, incuriosita, in privato: “Ma quando esce il nuovo numero?”. “Presto, la informiamo. Ci dia cellulare, mail…”. Resto basita.

Una volta c’era l’abitudine di leggere la gerenza, ovvero quello spazio in cui si legge chi fa cosa e dove in un giornale. Ma può sfuggire. Poi penso ai 32 anni di lavoro per raccontare quest’area politica. Che non legge, che non scrive, e che ti risponde anche “le facciamo sapere”, perché non sa chi tu sia. Perché non ha mai letto nulla, un editoriale, un fondo, un’analisi sul proprio mondo di riferimento. Siamo all’anno sottozero, prima dell’era glaciale.

Meglio non vi faccia sapere io cosa penso.

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
La Nuova Padania, quotidiano online del Nord.
Hosting: Stefania Piazzo

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