Categorie: Opinioni

Padania e Costituzione. Teoria e pratica politica

di Cuore Verde – Accolgo certamente con favore la “provocazione” di Raffaele Piccoli (https://www.lanuovapadania.it/opinioni/ma-non-basta-attuare-larticolo-132-della-costituzione-la-macroregione-padana-con-22-milioni-di-persone-esiste-gia/) riguardo alla possibilità di creare una “macroregione” secondo quanto previsto dall’art. 132 Costituzione. E’ certamente positivo che, almeno in linea di principio, sia possibile delineare e configurare nuove realtà territoriali all’interno dei confini dello stato italiano. Bisogna tuttavia rilevare che, nel caso specifico, il meccanismo costituzionale non è certo quello della democrazia diretta poiché la relativa azione politica è riservata, su tre livelli, esclusivamente agli organi politici. Consigli comunali, consigli regionali e parlamento.

L’art. 132 infatti recita testualmente: “Si può con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione d’abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse”.  

In questo caso, la “raccolte firme”, ovvero, l’iniziativa popolare, non avrebbe nessun valore come invece previsto dall’art. 75 della Costituzione per il referendum abrogativo. Certo, nel caso molto ipotetico che i tre livelli politici fossero perfettamente allineati, la proposta di accorpamento regionale dovrebbe essere approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse. Personalmente, prima degli aspetti giuridici ed economicisti tipo “fatturato” e “residuo fiscale”, mi interessa rilevare l’aspetto culturale nel senso più ampio del termine. In questo senso, mi domando perché i due presidenti di regione “leghisti storici”, in tutti questi anni, non abbiano mai proposto, ad esempio, l’introduzione nelle scuole dello studio della lingua e della storia lombarda e veneta.

E mi domando ancora perché gli stessi presidenti di regione perché non abbiano mai proposto un coordinamento delle regioni del Nord. Aspettano forse che Roma conceda la cosiddetta autonomia? Nel frattempo, i patriottici fratelli d’Italia “invadono” la Padania. Purtroppo, il Nord padano non dispone in questo momento di una sua forte rappresentanza politica e, nel frainteso gioco della logica di contrapposizione del potere romano, si è affidato all’unico partito che, con coerenza, in questi anni, è sempre stato formalmente all’opposizione. Un partito, tuttavia, con una forte visione centralista la cui leader recentemente ha affermato “Criticate ferocemente il governo, me, le scelte che facciamo, i provvedimenti, le nostre eventuali mancanze ma, vi prego, fermatevi un secondo prima di danneggiare l’Italia, perché questo fa la differenza”. Insomma invita, con legittima coerenza, dal suo punto di vista, a non esprimere un sentimento anti-italiano. Un patriottismo di governo. Una netta demarcazione culturale. Io, invece, per essere coerente con le mie idee, non capisco che cosa dovrebbe farsene la Padania del “presidenzialismo” romano. Milano, Genova, Venezia, Torino e Bologna non sono in grado di governarsi  come le grandi città europee?

Redazione

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