Categorie: Opinioni

Schlein ha fatto il pieno di voti al Nord. Ma il Pd guarda al Nord come tentò in passato?

di Cuore Verde – Partiamo dai fatti. Alle ultime elezioni regionali, il 60% dei lombardi si è astenuto. I patriottici Fratelli d’Italia, ancorché su base relativa, hanno ribadito la conquista del Nord con la Lega tricolore di Salvini in subordine in funzione di truppa ausiliaria. In sostanza, il Nord non ha più una sua rappresentanza politica. Elezioni del nuovo segretario del PD. Schlein vince al Nord e nelle grandi città.  Il padano Bonaccini perde nonostante la sua netta affermazione nelle regioni meridionali, soprattutto in Campania. Forse ha guardato un po’ troppo al Sud. Più che a sinistra, la Schlein ora dovrebbe rivolgersi al Nord. E pensare anche a un PD del Nord per il Nord. Una esplicita proposta per un PD del Nord era già stata avanzata nel 2008, Chiamparino promotore. Veltroni, dopo una inziale apertura di circostanza, la stoppò quasi subito.

Poco tempo prima, era nata l’idea di un Coordinamento del Nord. Il 13 Luglio 2007, a Milano, il sindaco di Genova Marta Vincenzi , il presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso, il sindaco di Torino Sergio Chiamparino e il presidente della Provincia di Milano Filippo Penati avevano presentato la proposta di sostegno alla candidatura di Walter Veltroni alle primarie per la scelta del leader del Partito Democratico. Nell’occasione, era stato redatto un manifesto programmatico dal titolo ”Autonomia e federalismo per il Nord e per l’Italia”. Un documento in quattro punti che si potrebbe riutilizzare per un nuovo PD del Nord a parte, ovviamente, l’ultimo che prevedeva il sostegno alla candidatura di Veltroni alla segreteria del PD.  

Il documento predisposto dal Coordinamento del Nord auspicava addirittura uno “Stato federale” e un sistema fiscale federale”. Altroché una blanda “autonomia”.

Mi rivolgo con il massimo rispetto alla neo-segretaria del PD Schlein, tenuto conto del rilevante voto nordista ottenuto per la sua elezione. La soluzione politica, come suggerisce il documento, è semplice “il Partito Democratico dovrà essere un partito autonomo nella forma organizzativa e quindi nello Statuto e nei finanziamenti. Nella definizione delle alleanze politiche dovrà valere lo stesso principio di autonomia, che consenta di operare scelte corrispondenti alle esigenze politiche locali. Nella formulazione delle politiche pubbliche, che significa individuazione delle soluzioni più rispondenti ai bisogni e agli interessi dei territori. Nella scelta locale dei candidati e delle rappresentanze”.

In poche parole, andare da un notaio, firmare l’atto di nascita del Partito Democratico del Nord, federandolo al partito nazionale. 

Troppo rivoluzionario? 

Redazione

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