Urne vuote – La democrazia del 40% di votanti vira verso democrazie “dittatoriali” dove comandano minoranze non di alto livello (lessicale, culturale, sindacale)

19 Novembre 2024
Lettura 2 min

di Sergio Bianchini – Ormai è sempre più chiaro, la democrazia occidentale, così fiera di se stessa, è preda di continue controversie che sono al centro della politica e da cui i cittadini si ritraggono sempre più delusi.

E maggiore è la carenza nel governo e nella reale rapida risoluzione dei problemi giuridici economici e politici e più penosa è la gloria dei vincitori di ogni duello che stancamente si sviluppa in un mondo ormai privo di mete condivise.

Ma quando una meta è condivisa? Quando la desidera un 51% di un 40% di votanti?

Ecco, qui sta il paradosso della democrazia che i padri del socialismo chiamavano borghese.

La democrazia popolare, che ancora non riesce a svilupparsi pienamente perché i detentori della ricchezza la contrastano in tutti i modi, dalla violenza alla seduzione economica alla spinta culturale sostenuta da enormi finanze, rimane la vera prospettiva rispetto alla metodologia di governo dei popoli.

Nella democrazia popolare l’adesione di massa al buon governo deve attestarsi almeno intorno al 60/65%. La condizione del 51 contro 49 è patologica e segno di una frattura dolorosa e paralizzante anche se abituale ormai in occidente.

Sarebbe interessante vedere dei sondaggi sia politici che sociali dove le domande ricerchino quali sono i desiderata che superano il 60% dei consensi.

E sarebbe fantastico vedere forze politiche e sociali impegnarsi nella realizzazione di quei desiderata. Per ora non mi faccio illusioni. Però mi consola pensare che gli anni del bum (non scrivo volutamente boom) economico in Italia vedevano costantemente al governo la DC  con un consenso oggi impensabile per qualunque partito, capace di costruire alleanze e programmi di gran lunga superiori ad un consenso del 50%.

La capacità di manovra della DC fu grande e si ampliò fino a coinvolgere nel governo il Partito Socialista (1963) oltre ai tradizionali PRI e PSDI e PLI poi quello comunista (1976). Il processo di quella che oggi potremmo chiamare democrazia popolare italiana fu interrotto dall’uccisione di Moro perpetrata  nel 1978 da forze internazionali che non riuscivano ad accettare tale sviluppo. Io personalmente penso oggi ad una convergenza per motivi opposti di USA ed URSS.

Ma al di là delle ricostruzioni storiche a me sembra abbastanza evidente che la democrazia del 51% non regge più e sta evolvendo verso una democrazia dittatoriale dove minoranze sostenute dalla filosofia del dirittismo e dell’ultimismo, ed usate anche strumentalmente dai grandi poteri finanziari, contrastano costantemente la volontà e i desideri di grandi maggioranze condannate alla sottomissione ed al silenzio.

E per ora, a parte la stanchezza per la presunzione e l’isterismo della sinistra liberale che ha davvero stufato, non si vede ancora un livello intellettuale capace di uscire dalle controversie e di costruire un laboratorio di idee a vasto raggio, dal livello costituzionale a quello legislativo a quello lessicale a quello sindacale e culturale.

Un livello culturale alto e vasto, per il presente e per il futuro che delinei una strada verso una reale democrazia popolare per l’Italia e magari come esempio per tutto il mondo occidentale.

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Direttrice: Stefania Piazzo
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