Gianduja, la “maschera” piemontese contro l’arroganza sabauda. Il nuovo libro di Cavallo

3 Febbraio 2025
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di Roberto Gremmo – Nel folklore piemontese e nel suo carnevale primeggia fra tutte la maschera di Gianduja che è oggetto d’un originale studio dello storico Giorgio Enrico Cavallo ben noto ai lettori della Nuova Padania per i suoi saggi controcorrente sui crimini del militarismo risorgimentale.

Il nuovo libro appena edito da “Il Punto” s’intitola “A la manera ‘d Gianduja” e presenta il personaggio carnevalesco come un icona identitaria, creata dall’inventiva popolaresca nella resistenza alla brutale annessione del Piemonte alla Francia.

La sua comparsa avvenne infatti nel 1808 in pieno periodo napoleonico e rappresentò l’unica possibilità di contestare con la sua satira e l’uso della lingua nazionale (poco capita dai francesi occupanti) le avventure militari di Bonaparte che aveva fatto dei nostri contadini che vivevano in pace sotto la dinastia sabauda solo carne da cannone.

Nato come figura di contadino bertoldesco il Giovannino di campagna annegava nella “doja” (il boccale) tutta la rabbia per la distruzione del buon tempo di serenità che aveva caratterizzato per almeno due secoli la sua Piccola Patria che si era difesa con coraggio per non perdere la propria indipendenza.

Un simile personaggio doveva per forza essere ostile nei confronti dei demagoghi guerrafondai che dopo il 1848 invasero Torino a predicare le guerre risorgimentali, e come tale lo presentò Claudio Calandra nel ”Lament ed Gianduja”, mentre il caricaturista Teja ne fece l’emblema della sotterranea ma robusta ostilità popolana per una unificazione che in realtà rubava al Piemonte la propria anima, e, con una tassazione feroce, anche le sue ricchezze.

Ma questa indole contestatrice non era gradita al potere perciò iniziò la subdola banalizzazione del personaggio, trasformato in imbelle mormoratore e dimentico delle sue origini, oltre ad essere obbligato ad esibire sul petto una coccarda tricolore che lo italianizzava senza alcuna ragione. Per fortuna gli restava ancora la lingua, quella nostrana, ma chissà fino a quando.

Pochi ricordano che  al Gianduja ufficiale se ne contrappone un altro, a Racconigi, dove sarebbe nato Gioacchino Bellone padre della marionetta. In questa versione il popolano Gian non è cultore del bacchesco boccale ma… figlio dell’Oja, che è una frazione cittadina ma nella lingua piemontese è il nome dell’aquila.

Nell’ “Armanach Canavzan” del 1985 scrissi che questo Gianduja era figlio di un Piemonte dove le aquile volavano a cacciare i nemici e proprio l’uccello forte e fiero era il simbolo di una Casa Savoia che non aveva ancora imboccato la strada che doveva travolgerla. Trascinando nella bufera il Piemonte. Dove ormai più che aquile siamo pollastri spennati.

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Direttrice: Stefania Piazzo
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