L’ultima Pontida è stato il limite, il confine. Roberto Castelli lascia la Lega. Ha annunciato che non rinnoverà più la tessera del movimento. In una conferenza stampa a Milano al Palazzo delle Stelline, spiega le sue ragioni.
“Questo è un giorno per certi versi triste ma anche stimolante, è una fine ma anche un inizio”, inizia ad affermare Castelli.
“Io sono fuori dalle istituzioni dal 2013, per una mia precisa scelta – spiega -. Sono 21 anni che faccio Parlamento, spiegai a Maroni allora, preferendo lasciare spazio ad altri. Ma nei dieci anni dopo non ho lasciato la Lega. Sono stato nel comitato promotore del referendum nel 2017, poi ho fatto 3 anni in Pedemontana, prendendo rischi notevoli, chiudendo un contenzioso che bloccava l’opera e poi reperendo 1,7 miliardi di finanziamento per finire i lavori. Era il 2021 e finiva l’avventura in Pedemontana. Poi mi sono reso conto che il colore verde della libertà era stato soppiantato dal blu, con un’alta valenza simbolica… La parola Padania è stata cancellata per ordine preciso dai nostri media, c’è stata la costituzione di un partito diventato Lega Salvini Premier, con l’accentuazione sulla questione identitaria ma piuttosto su un leader… Poi è arrivata una posizione centralista con venature meridionaliste. Il leader ha in mente solo il ponte di Messina. E’ una scelta di campo. A pochi anni dalle olimpiadi qui invece le opere nemmeno sono cominciate.
Sono cose che non passano inosservate. Siamo ad un paradosso evidente. Abbiamo tutte le principali regioni del Nord e in questo momento con Lombardia, Veneto, Liguria, Friuli Venezia Giulia e la Provincia di Trento mai il Nord è rimasto senza rappresentanza a Roma.
O ci si chiude occhi orecchie e bocca o dolorosamente si prende una decisione. Tacere di fronte al Nord con questioni settentrionali aperte (residuo fiscale in primis) non si può più. Ho deciso di uscire da questo partito, che non riconosco negli ideali per i quali era nato. Sono bossiano, e il mondo è cambiato, il centralismo di Bruxelles è sempre più soffocante sulle norme italiane. Poi c’è un altro centralismo che viene avanti, che è quello mondiale. Ho deciso a malincuore di uscire.
Cosa faremo, vogliamo dare voce alla questione settentrionale, c’è bisogno di un sindacato del Nord. Gli autonomisti soffrono di divisionismo, le sigle sono tantissime. Lancio un appello: se ci uniamo possiamo far sentire la nostra voce altrimenti il detto dividi et impera resta attuale.
E’ una scelta personale la mia uscita, sul proseguimento siamo aperti a tutte le possibilità, col fine di far sentire la voce del Nord. Io sento molti esponenti dire che la Lega difende al Nord, ma nei fatti questo non avviene più”.
Sull’autonomia di Calderoli: “Ci sono grossi pericoli che tutto finisca in altri miliardi al Sud. la definizione dei lep che la stessa Costituzione non chiede, è stata messa nella legge in corso di approvazione. Ci sono altre vie nella Costituzione per difendere efficacemente la questione settentrionale”.
“Non ho sentito Bossi sulla mia decisione. Io non mi voglio più candidare ma sarà ineludibile una presenza elettorale. Serve una alleanza europea di tutte le forze autonomiste, il mio impegno ci sarebbe ma senza candidarmi. Non mi aspettavo che le mie dimissioni creassero una eco così importanti. Importante è salvare l’autonomia e far sentire la voce del Nord”.
“Stiamo parlando con tutti, il dialogo non si è mai interrotto (con riferimento al Comitato Nord, ndr)”.
“La Lombardia è la cenerentola: ha 50 miliardi di residuo fiscale, i rifiuti arrivano al Nord, la regione che deve ospitare più immigrati… Ma allora? Viene in mente il manifesto Paga e taci. Noi non vogliamo più tacere, ci impegniamo perché la nostra voce diventi forte”.
“Abbiamo sempre parlato con tutti, oggi lanciare questo messaggio. Con qualcuno è più facile, con altri è più difficile. C’è chi ricorda che Calderoli quando ha bruciato le legge avrebbe distrutto anche la legge del 1866 sull’annessione del Veneto. Ma oggi politicamente il traguardo praticabile è in Costituzione, c’è stato un referendum, è interessante sul piano dell’autonomia avendo come punto d’arrivo un Nord unito. Nell’articolo 117 due commi consentono di costruire la macroregione. Basterebbe che i governatori si sedessero attorno ad un tavolo… Penso alla Csu del compianto Strauss che trattava con Roma. In Spagna i partiti indipendentisti hanno dato il loro appoggio in cambio che le loro lingue le loro lingue diventassero ufficiali nel parlamento spagnolo”.
“La Costituzione prevede che si possa arrivare alla macroregione, la via è questa per non arrivare ad ulteriori modifiche della nostra carta”
Qui il video della conferenza stampa https://fb.watch/nbM1XDZ8ld/
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