di Roberto Gremmo – Per distrarre la gente sulla grave situazione di crisi e di guerra, i politici della partitocrazia polemizzano tanto per dar spettacolo sul Manifesto federalista di Ventotene, ma dimenticano che fu merito di una donna se in quei tempi difficili venne diffuso l’importante riflessione sui pericoli dello Stato totalitario.
Accanto ad Eugenio Colorni, Ernesto Rossi ed Altiero Spinelli che lo discussero va invece ricordata la presenza nell’isola pontina di Ursula Hirschmann, la donna coraggiosa che lo fece subito conoscere agli antifascisti italiani, facendo uscire dall’isola il quaderno dov’era stato trascritto, eludendo la vigilanza della polizia, allora diretta nella colonia di confino dal commissario Marcello Guida diventato famoso molti anni dopo ai tempi della strage di piazza Fontana.
Ebrea tedesca, la Hirschmann era la moglie di Colorni e non era confinata, perciò poteva muoversi liberamente, riuscendo così portare in salvo il prezioso documento che poté essere diffuso. E dico prezioso non per caso, ma perché oltre alle considerazioni sulla necessità dell’Unione del vecchio continente, il manifesto era soprattutto la condanna dello stalinismo, solo da poco vergognosamente compromesso dal patto Ribbentrop-Molotov.
La pubblicazione del proclama federalista fu dunque largamente merito di una donna coraggiosa. Una dimenticata, a cui va invece riconosciuto gran parte del merito, se una voce alternativa si fece sentire sia contro il nazifascismo che il regime dittatoriale di Stalin.
Per di più, il suo impegno federalista proseguì nel Dopoguerra, quando, morto tragicamente Colorni, la Hirschmann che si era unita a Spinelli, fondò l’associazione “Femmes pour l’Europe”, forse l’unica associazione di donne che indicò una strada autenticamente democratica nei momenti di forte polarizzazione politica fra i gregari dei due blocchi della guerra fredda.
Una alternativa a destra e sinistra. Perdente e sconfitta. Ma che aveva ragione.