Il primo manifesto per la Federazione Europea parla lombardo perché uscì a Pavia nel 1915

26 Marzo 2025
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di Roberto Gremmo – Il famoso ‘manifesto federalista’ redatto nel mese d’agosto del 1941 al confino di Ventotene pubblicato tre anni dopo dal “Movimento Italiano per la Federazione Europea” indica una linea politica che ha un precedente nell’opuscolo stampato a Pavia dalla Tipografia dei fratelli Fusi nel 1915 col titolo “L’unica salvezza- Una federazione degli Stati d’Europa”. 

 Se ne conosce l’esistenza perché una copia del libretto venne trasmessa ai vertici della “Polizia Politica” di Mussolini da un informatore napoletano che la ritenne pericolosa per lo Stato fascista e uno strumento di agitazione politica dei gruppi teosofici e massonici.

Gli editori, dei veri e propri sconosciuti, erano il lombardo Eugenio Pavia ed il genovese Ottone Penzig entrambi redattori della rivista esoterica “Gnosi” e sostenitori della “Società Teosofica” di Annie Besant mentre l’autore del testo si chiamava Nico Van Suchtelen e faceva parte di un “Comitato Internazionale per la Federazione Europea” creato in Olanda.

Come espressione di questo contesto para-politico molto originale, il manifesto è stato per anni dimenticato, anche se il suo contenuto é di notevole chiarezza, obiettività e lungimiranza; come dimostrano i brevi passi che riproduciamo di seguito:

“APPELLO

   Il Comitato “La Federazione Europea” convinto:

   che le relazioni dei singoli Stati civili devono essere regolate conforme alle medesime norme di moralità e di giustizia della vita sociale delle nazioni;

   che massime per le nazioni europee si rende necessaria la formazione d’una federazione;

   prega tutti uomini ed associazioni, che condividono questa convinzione, di escogitare tutti i mezzi al fine di conformare l’opinione pubblica a questo spirito.

***

   La guerra mondiale è oggi un fatto compiuto, e maggiormente sento ora che quest’ultima profetica allusione non era un volo oratorio. E’ inutile pel momento ricercare chi porti la colpa di questa lotta furibonda, di questa guerra da cani idrofobi, o chi in qualche modo vi contribuì. Una cosa tuttavia possiamo affermare con ogni sicurezza: La causa prima di questo immane disastro è solo il militarismo imperialista dei grossi stati, che si nasconde dietro il falso concetto economico di un presunto commercio e persino d’interessi vitali.

   “Se vuoi la pace, preparati alla guerra” era il loro motto insensato, accecante, ipocrita. Come se non fosse un evitabile fatto psicologico, che l’enorme forza degli eserciti, l’un contro l’altro armati e di continuo provocantisi, debba alla fine venire alla lotta, subito che ad uno di loro si presenti o sembri, in qualce modo il momento favorevole.

   Il militarismo come tale ha commesso orrori inauditi.

   Ma come potranno le parti contraenti la pace dimostrare d’aver compresa la dura lezione, e come potranno esse scontare il debito che hanno verso l’umanità ? non c’è che una sola risposta:

   facendo del militarismo non una reciproca perpetua minaccia, ma un istrumento comune d’ordine e di difesa costituendo un’organizzazione politica-economica, una “Confederazione degli Stati” ed una “Organizzazione degli Stati federali”, con un esercito internazionale quale mutua garanzia.

   Molte voci son già sorte a favore d’una limitazione degli armamenti. Chiunque veda oggi queste potenze militari schierate le une contro le altre, capisce, quanto assurda fosse la speranza che un militarismo trionfante acconsentisse di sua spontanea volontà a vedere diminuito il suo potere.

– A che giova che l’idea pacifista appaia giusta, quando il militarismo è una realtà che s’impone colla forza dei fatti ? Occorre che i popoli di ogni paese affermino ad alta voce la loro volontà di questa limitazione e lo affermino sin d’ora che il mostro sanguina da mille ferite, e ancor più tardi quando prostrato si piegherà esausto.

   Ma questa limitazione i popoli debbono esigerla, non più sotto forma d’un documento scritto, il cui valore può essere negato o contestato, ma come il fatto iniziale della Federazione degli Stati, di cui si potrà controllare l’esecuzione e farla rispettare.

   Questa Federazione dev’essere la parola d’ordine degli intellettuali, il grido di guerra delle nazioni europee. La Federazione è l’unico mezzo di risolvere in modo efficace e pratico il difficile problema dell’equilibrio europeo, senza offendere l’onore e la dignità degli Stati più potenti, e senza trascurare gli interessi economici delle nazioni più deboli.

   La Federazione non può risultare che d’un gruppo di Stati autonomi, i cui confini sarebbero tracciati conforme ai caratteri delle nazionalità e di cui i cittadini tutti si sentirebbero veramente liberi sotto una legislazione costituita secondo i dettami della morale umana. In caso contrario avremo il ritorno dell’antico stato di cose, e peggio per giunta: un caos di Stati, sedicenti sovrani, le cui frontiere eran tracciate a colpi di spada e che non potranno sostenersi che colla violenza, per modo che non tenendo conto d’alcuna morale questi stati riprenderanno la pazza corsa degli armamenti sempre più opprimenti, sino a che l’Europa addirittura finita dopo varie guerre di rivincita sarà nel campo economico schiacciata dall’America e diventerà in politica la preda dell’Asia.

    La Federazione degli Stati d’Europa è l’unico mezzo di salvezza”.

    Soltanto nel corso del conflitto, si avviò all’interno del movimento socialista italiano uno stentato dibattito sull’ipotesi federalista, caldamente sostenuta da Modigliani ma subito bocciata da Serrati che la considerava in qualche modo un ostacolo alla lotta per l’emancipazione proletaria.

Allora come adesso, il Federalismo dava sempre fastidio a una classe politica cresciuta col mito dello Stato forte e potente, unitario e centralista.

  Che per sua stessa natura è fonte di guerra e di oppressione.

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