Una cosa è certa , e cioè che Londra non ha dubbi. Tanto che il primo ministro britannico, Keir Starmer, non ha problemi ad affermare che il Regno Unito è pronto a inviare migliaia di soldati in Ucraina per una missione di pace a lungo termine, con un impegno “per tutto il tempo necessario”, in coordinamento con gli alleati occidentali, allo scopo di garantire il cessate il fuoco e prevenire una nuova invasione russa.
Già, ma quali alleati? Francia, Turchia, Canada e Australia, mentre altre nazioni contribuiranno con sostegno logistico e fornitura di armi. Altra cosa certa, riferisce il “The Times”, è che i vertici militari della “coalizione dei volenterosi” si riuniranno giovedì a Londra per discutere nel dettaglio la dislocazione delle forze, che potrebbero arrivare a 30 mila unità.
Starmer ha sottolineato l’importanza di “prepararsi a difendere qualsiasi accordo”, ma non ha specificato se le truppe saranno autorizzate a rispondere al fuoco in caso di attacco russo. Un alto funzionario britannico ha confermato al quotidiano che l’impegno militare “sarà a lungo termine, per tutto il tempo necessario a preservare la pace e scoraggiare la Russia”.
In Italia il fronte di guerra è anche dentro il Governo e in Parlamento. La premier si prepara al vertice con la maggioranza dell’esecutivo per poi passare ai due rami, Senato e Camera. Ad attenderla c’è l’equilibrismo tattico e diplomatico dell’atteso Consiglio europeo giovedì e venerdì. Che accadrà?
Nel mezzo ci sta la telefonata tra Trump e Putin, mentre dietro le quinte si lavora sul piano per chiudere il conflitto, definire rispettivi ambiti di sicurezza, territoriali, economici.
L’Italia si chiama fuori dall’invio di militari, fa appello alla speranza che gli Usa chiudano la partita con Mosca, di fronte ad un’Europa che non sa come uscirne.
La Lega fa quello che le riesce meglio. Smarcarsi, non stare al gioco degli 850 miliardi di debito per il riarmo europeo. Una quadra difficile da trovare per la premier in pochi giorni. La sinistra non è da meno, tra astensioni, voti a favore (quelli dell’opposizione a Schlein) sul ReArm Europe.
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