Tajani a Salvini: Politica estera spetta al premier e al ministro degli Esteri. “Contano i contenuti, non gli slogan di partito”

23 Marzo 2025
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La politica estera la fanno il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri, non i partiti. Lo ha chiarito il ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Antonio Tajani, in un’intervista al “Corriere della Sera” pubblicata oggi, 23 marzo.

Interrogato sulle diverse posizioni tra le forze della maggioranza sulle questioni internazionali il titolare della Farnesina ha ricordato come il governo, in quanto tale, abbia “sempre deliberato assieme” e la maggioranza abbia “votato unita, a differenza dell’opposizione che si è divisa con cinque mozioni diverse”.

Quanto al leader della Lega Matteo Salvini, che andrà a incontrare il vicepresidente degli Stati Uniti James David Vance, Tajani ha osservato: “Ognuno è libero di parlare con chi vuole, ma questo non significa che non ci sia una linea di governo. E ripeto, al di là delle dichiarazioni di alcuni esponenti, che restano tali, la linea di questo governo è chiarissima. Non contano gli slogan ma i contenuti”. 

Forza Italia, da parte sua, “è stata, è e sarà sempre europeista”, e se ci fossero tentazioni contrarie nel governo “noi non ne faremmo parte. Perché siamo leali, ma sui nostri principi nessun cedimento”.

Alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni il partito “ha dato pieno mandato di decidere in Europa sul piano di difesa europea di von der Leyen e infatti la presidente Meloni ha votato sì, sostenendo una linea pienamente europeista. Quella che è la nostra. Se così non fosse, non potremmo governare assieme. Conta che si stanno facendo i primi passi per quello che era il grande sogno di Berlusconi: una difesa unica europea e riforme istituzionali dell’Unione”. 

 “Il piano non è qualcosa che si attua in tre giorni”, ha sottolineato il ministro. “Prevede passaggi, tempi di mesi, per arrivare a un ipotetico esercito europeo di molti anni. E ci sono ancora parecchi punti da definire, come i finanziamenti. Noi abbiamo detto con nettezza che non utilizzeremo i fondi di coesione e le spese saranno scorporate dal rapporto deficit/Pil, cosi’ì come abbiamo assicurato che arriveremo al 2 per cento del Pil per finanziare gli obblighi Nato. Altri Paesi ci sono arrivati, noi dovremmo arrivarci”.

Secondo Tajani, rispetto al dibattito pubblico italiano, occorrerebbe “spiegare bene cosa si intende per difesa”: “Quando le nostre navi militari difendono il Mar Rosso e permettono il libero transito dei mercantili, e che quindi il commercio e il nostro export funzionino regolarmente, cosa stanno facendo se non il bene degli italiani? E quando si spende in cybersicurezza, ovvero nella difesa di aziende, produzione, commercio e anche dello Stato, questo non è fare il bene dei cittadini? Non compreremmo armi per collezionarle, la difesa è una cosa seria. E bisogna prendere atto della realtà”.

“Il mondo sta cambiando, i due pilastri su cui si fonda la Nato, europeo e americano, devono continuare a collaborare con uno sforzo maggiore dell’Europa. Se non ci prepariamo a difenderci anche da soli, in futuro nessuno lo farà per noi. Se non avessimo aiutato l’Ucraina, avremmo fatto molto male ai nostri cittadini europei, esponendoli a pericoli. Facile dire ‘anziché spendere in porte blindate e grate alle finestre, spendiamo in bende e medicine’. Ma se ti rubano in casa poi si prendono anche le bende e le medicine. Non usiamo argomenti semplicistici, il tema e’è molto serio”.

A Tajani è stato chiesto anche dell’attacco di Meloni al Manifesto di Ventotene. “Veramente la premier non ha attaccato Spinelli, al quale va tutto il nostro rispetto. Ha detto che quella non è la sua Europa. Considero quel manifesto un contributo per l’Europa, anche se poi dico che il mio riferimento è l’esempio di De Gasperi, Adenauer, Schuman. Ma per favore, chiudiamo questa parentesi, non utilizziamo i padri dell’Europa per uno scontro che oggi non ha nessuna ragione di essere rispetto alle sfide poderose e alle decisioni che dovremo prendere insieme per l’Italia e per l’Europa”.

Quanto al tema dei dazi, il titolare della Farnesina si è detto “molto colpito” per essere stato accusato dal capogruppo del Partito democratico al Parlamento europeo, Nicola Zingaretti, di dire cose da “campo della psichiatria”.

“Io non ho mai attaccato un avversario politico dicendo che è ‘matto’, mai insultato nessuno. Sembrano davvero metodi da Unione sovietica stalinista, dove finivi nei gulag o in manicomio se sostenevi tesi diverse dal partito. Tutto è contestabile, ma sul piano dei contenuti, non della persona”.

Secondo Tajani, con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump “non dobbiamo essere aggressivi, a parole, preventivamente”. “Le ‘armi’ che vanno usate su questo terreno non devono essere tali da esploderci in mano. Io non faccio la guerra a Trump o Biden, sono concreto, penso agli interessi dei nostri imprenditori. Mettere dazi, ad esempio, sul whisky Usa sarebbe sbagliato perché a catena porterebbe gli americani a metterli sui nostri vini, il cui export in proporzione è notevolmente più alto. Che senso avrebbe? Bisogna essere intelligenti e cauti su queste materie. Vedremo come l’Europa saprà rispondere, e bene ha fatto il commissario al commercio Sefcovic, che ho incontrato due volte in questi giorni, a dire che dopo il 2 aprile ci prenderemo due settimane per decidere sui dazi Usa. E abbiamo inviato una nostra missione tecnica a Washington. Questo è il metodo. E sono pronto a confrontarmi con tutti, di maggioranza e opposizione, su questi temi, perché li conosco e credo di sostenere tesi equilibrate. Ma sul piano degli insulti – ha concluso il ministro – non scendo e scenderò mai”. 

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